Pochi giorni dopo la condanna a 7 anni per terrorismo dei 3 reporter di Al Jazeera, Peter Greeste, Mohammed Fahmi e Baher Mohammed, la repressione della libertà di espressione del nuovo governo di Abel Fattah El Sisi arriva a toccare anche le telenovela egiziane. Il Ramadan, il mese santo dei musulmani che inizierà il 28 giugno, è il momento d’oro delle serie TV, conosciute nel mondo arabo con il nome di mulsasalat. Ora una delle produzioni più importanti Ahl Iskandreya (in italiano, “La gente di Alessandria”) rischia di non essere trasmessa. Il soggetto della serie è ispirata alla vicenda di un ufficiale di polizia che venne condannato nel 2010 per corruzione, una storia che, secondo le autorità, “offenderebbe la reputazione delle forze dell’ordine egiziane”. La versione araba del quotidiano Al Masry al Youm riporta le dichiarazioni del produttore della serie televisiva che conferma che i due canali – Al Hayat TV e Mehwar TV – in cui è stata programmata la mulsasal hanno ricevuto pressioni da alcuni membri del ministero dell’Interno per bloccare la trasmissione delle puntate.

A rendere la soap sgradita alle autorità egiziane ci sarebbero anche diversi attori del cast legati agli attivisti della rivoluzione di piazza Tahrir. Basma Ahmed, che ricopre il ruolo della protagonista, è la moglie di Amr Hamzawy politico liberale che fu eletto nelle prime elezioni parlamentari dopo la caduta di Mubarak. La Ahmed è anche nipote di Youssef Darwish, storico leader del partito comunista egiziano e avvocato per i diritti dei lavoratori che ha ispirato molti attivisti della protesta anti-Mubarak. Anche gli altri due personaggi principali sono interpretati da Amr Waked, attore-attivista che è stato spesso attaccato dai giornalisti pro-regime, e da Mona Tawfiq, attrice di grande esperienza e sostenitrice della sinistra egiziana. La diatriba sulla trasmissione della mulsasal si è spostata anche sul web. Come scrive la blogger egiziana Zeinobia, un gruppo di sostenitori di Sisi ha creato una pagina Facebook per chiedere la chiusura della serie mentre su Twitter è nato un hashtag (#ControlostopdiGentediAlessandria) per sostenere il cast di Ahl Iskandreya.

“Quello che sta succedendo non ha precedenti, nemmeno ai tempi di Mubarak tutto ciò sarebbe stato possibile”, ha scritto in un lungo post pubblicato su Facebook Belal Fadl, sceneggiatore della serie. Il tentativo di censura della musalsal è l’ennesimo caso di controllo dei media egiziani che dopo la deposizione di Mohammed Morsi lo scorso luglio hanno giocato un ruolo chiave nello spingere El Sisi verso la presidenza. Al Burnamag, il programma del presentatore satirico Bassem Youssef (conosciuto anche come lo John Stewart egiziano) ha chiuso i battenti alcune settimane fa mentre lo scrittore Alaa Al Aswany – nonostante il suo appoggio al colpo di stato militare – non pubblicherà più i suoi editoriali sul quotidiano Al Masry Al Youm. “Solo un’opinione, un pensiero, un discorso sono permessi”, ha affermato Aswany che ha condannato anche la messa al bando della soap opera. “Le critiche e la divergenza di opinioni sono proibite, solo l’approvazione è concessa a spese della verità”. Intanto, continuano ad arrivare attestati di preoccupazione da parte della comunità internazionale sulla repressione della libertà di stampa nel Paese (tuttavia la delegazione parlamentare italiana ha incontrato il presidente Sisi senza fare nessuna menzione alla questione). Due giorni fa la sala stampa dell’ONU si è mobilitata, con i suoi 150 corrispondenti, contro la condanna dei 3 giornalisti di Al Jazeera e ha chiesto l’intervento delle Nazioni Unite. “Nel paese ci sono 14 reporter dietro le sbarre” ha affermato Robert Mahoney, membro del CPJ (Committee to Protect Journalist), organizzazione che si occupa della tutela dei giornalisti. “Così l’Egitto ha conquistato il primato tra i paesi del mondo arabo in quanto a numero di giornalisti incarcerati”.

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