La moglie e i medici curanti ritengono che per lui non ci sia più speranza e sia arrivato il momento di lasciarlo andare. I genitori, ferventi cattolici, vedono invece nei movimenti degli occhi e in alcuni riflessi del volto la prova che il figlio è ancora presente, e non vogliono staccare la spina. Il caso del 38enne tetraplegico Vincent Lambert, che richiama alla memoria quelli di Eluana Englaro e della statunitense Terri Schiavo, sta dividendo la Francia e potrebbe aprire la strada a una legge sul diritto alla dolce morte. Fino a questa settimana la giustizia aveva sempre dato ragione alla famiglia di origine, favorevole a mantenere in vita l’uomo, ex infermiere, che da sei anni dopo un incidente di moto si trova in stato vegetativo. Martedì però il Consiglio di Stato, che si pronunciava su un ricorso della compagna e dei sanitari presentato lo scorso gennaio, ha dato per la prima volta il via libera alla sospensione delle cure e dell’alimentazione artificiale. Una decisione contro la quale però i genitori Pierre e Viviane Lambert hanno immediatamente fatto appello, con procedura d’urgenza, alla Corte europea dei diritti umani, chiedendone la sospensione. I giudici di Strasburgo l’hanno accordata, vietando anche di spostare l’uomo dall’ospedale di Reims, in cui è ricoverato, nel vicino Belgio, dove l’eutanasia è legale. 

In Francia la legge Leonetti sul fine vita, in vigore dal 2005, vieta l’accanimento terapeutico e, pur non autorizzando l’eutanasia, permette in certi casi che i trattamenti vengano sospesi. La decisione del Consiglio di Stato rientrava in quel quadro. “Se anche lo stato medico più grave, compresa la perdita irreversibile della coscienza, non è sufficiente a giustificare l’interruzione del trattamento”, aveva spiegato il vice presidente del Consiglio, Jean-Marc Sauvé, “un’attenzione particolare deve essere data alla volontà del paziente”. E in questo caso “risulta che, prima dell’incidente, Vincent Lambert avesse chiaramente e a più riprese espresso il desiderio di non essere mantenuto artificialmente in vita”. Una recente perizia medica di tre esperti ha inoltre confermato la prognosi dei medici di Reims: il paziente si trova in stato di totale incoscienza. Il presidente François Hollande ha più volte promesso una riforma della legislazione in favore di una norma che autorizzi “la dolce morte”. Nei giorni scorsi il governo ha incaricato lo stesso deputato della destra Ump Jean Leonetti, che ha dato il nome alla legge, e il socialista Alain Claeys, di presentare entro la fine dell’anno una serie di proposte per rivedere la legge.

Dopo la notizia della decisione di martedì del Consiglio di Stato le reazioni dall’Italia, di segno opposto, non si sono fatte attendere. La deputata dell’Udc Paola Binetti, intervistata dalla Stampa, ha ribadito la propria ferma contrarietà all’eutanasia dicendo che la vicenda francese va letta “alla luce dell’intervento dei magistrati in materia di salute”, una “presenza infiltrante del giudice nella vita delle persone, laddove io sono invece per rafforzare il rapporto tra il medico e il paziente”. Invece per Umberto Veronesi, sentito da Repubblica, la decisione dei giudici del Consiglio di Stato appare invece “comprensibile” nell’ambito di un caso “di sospensione di trattamenti che mantengono una condizione di vita artificiale”.

In giornata, sullo stesso fronte, è arrivato anche il verdetto del tribunale francese di Pau che ha prosciolto il dottor Nicolas Bonnemaison, accusato di aver somministrato grosse dosi di sedativi a sette pazienti, uccidendoli. Per il medico dell’ospedale di Bayonne, 53 anni, erano stati chiesti cinque anni di reclusione, con possibile condizionale su tutto il periodo.

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