Quando aumentano le tasse il prezzo della birra sale, si riducono i consumi e anche lo Stato non ci guadagna quello che ha programmato”. Alberto Frausin, presidente di AssoBirra, commenta così i risultati dello studio economico “Il settore della birra. Caratteristiche della domanda e dell’offerta, effetti della tassazione” condotto da REF Ricerche, che dimostra come lo Stato incasserà soltanto 68 milioni di euro a fronte dei 177 attesi, dopo aver aumentato la pressione fiscale nel settore della birra.

Fra le conseguenze, accanto all’aumento di prezzo delle bionde, la ricaduta sull’occupazione, con la perdita, complessivamente, di 2400 posti di lavoro, innanzitutto nel settore del commercio, poi in quello dell’industria alimentare e infine anche in agricoltura, alberghi e ristorazione.  Il REF spiega che a fronte dei 177 milioni preventivati, ne arriveranno appena 116, ai quali vanno però sottratti ulteriori 48 milioni, effetto negativo in termini d’introito fiscale per il calo del Pil causato dalla flessione dei consumi: alla fine lo Stato si ritroverà ad aver incassato solo 68 milioni di euro effettivi, il 62% in meno di quanto sperato.

“Fino ad oggi abbiamo già bruciato, con i primi due aumenti (uno a ottobre 2013, l’altro a gennaio 2014), 1200 posti di lavoro – ha aggiunto Frausin – ma siamo ancora in tempo a fermare l’ultimo aumento previsto a gennaio 2015, salvaguardando in questo modo la fonte di reddito di 1200 famiglie italiane”. Alla petizione #stopaumentoagennaio hanno già aderito 100mila persone sul sito salvalatuabirra, in cui la raccolta firme è iniziata lo scorso ottobre quando fu avviato il primo step del piano di rialzo dell’accisa sui prodotti alcolici, anche se la birra è in effetti l’unica bevanda da pasto a pagarla.

Con il terzo aumento, quello previsto per gennaio 2015, l’innalzamento complessivo della tassazione ammonterà a un aumento del 30 per cento, maturato in poco più di un anno: in pratica, “Un sorso su tre se lo beve il fisco”, come recitava il primo slogan della campagna #salvalatuabirra. Se invece l’accisa fosse ai livelli spagnoli e tedeschi (3-4 volte più bassi rispetto a quello italiano), i posti di lavoro generati nel settore sarebbero 5mila in più.

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