A casa. Eliminati da un Uruguay modesto ma cinico, al termine di una partita bruttissima diventata epica dopo l’espulsione di Marchisio. E finita male. All’Italia non sono bastati il ritorno alla difesa a tre ed i miracoli di Buffon, insuperabile fino a dieci minuti dal termine. Agli ottavi, dietro il sorprendente Costa Rica, ci va l’Uruguay.

Difficile dire se meritatamente o no, perché per novanta minuti si è visto uno spettacolo quasi desolante. Ma il risultato del campo è inappellabile: con Prandelli che fa “mea culpa”, e si dimette insieme al presidente della Figc Giancarlo Abete, il sogno Mondiale degli azzurri è già finito. Al primo turno per la seconda edizione di fila, come quattro anni fa in Sudafrica. Non capitava da Cile ’62 e Inghilterra ’66: la crisi del calcio italiano è ufficialmente aperta.

Festeggiano invece in Sudamerica. Si godono il successo di quella che era stata presentata come “la partita della vita”. E la Celeste, in campo, non ha tradito: giocando col sangue agli occhi, trasformando ogni palla e palleggio degli azzurri in terreno di caccia per il proprio pressing. Non che l’Uruguay abbia fatto molto per vincere. Al calcio d’inizio Tabarez si mette a specchio, scegliendo il 3-5-2, stesso modulo scelto da Prandelli. Ma non snatura la sua nazionale: loro restano attendisti, le qualità per fare gioco non le hanno. Mentre all’Italia basta un pareggio, e si vede.

Ne vien fuori un primo tempo di contrasti ed errori. Oggettivamente noioso. Gli azzurri si riducono a qualche guizzo a centrocampo di Verratti, roba da palati fini ma non determinante. E una punizione al 12’ di Pirlo, che scalda i guanti a Muslera da molto lontano. Nient’altro: né Immobile, sovrastato da Godin, né Balotelli, nervoso ed impreciso, riescono ad incidere. L’unica occasione capita all’Uruguay: è doppia, e Buffon al 33’ è bravo a salvare su Suarez e soprattutto su Lodeiro, al termine di una combinazione nello stretto.

Ma lo 0-0 è risultato sacrosanto per una partita senza emozioni. Premierebbe gli azzurri, purtroppo cambierà nella ripresa. Al rientro delle squadre in campo non mancano le sorprese. Tabarez sostituisce Lodeiro, l’unico centrocampista di fantasia a disposizione, con Maxi Pereira, un terzino. E Prandelli lascia negli spogliatoi Balotelli: era stato ammonito per un intervento non cattivo ma pericoloso; aveva anche commesso un fallo di mano passibile di secondo giallo. L’espulsione, insomma, era dietro l’angolo. Il ct azzurro preferisce non correre rischi: sceglie di giocare i 45 minuti decisivi senza il suo uomo più rappresentativo. Al suo posto Parolo, per quello che diventa ufficialmente un 5-4-1 (o 3-6-1, che dir si voglia). Ma la situazione precipita dopo un quarto d’ora, quando il rosso temuto per Balotelli lo prende Marchisio, per un’invenzione dell’arbitro Rodriguez. Mezza, perché il centrocampista della Juventus entra con il piede un po’ a martello su Godin. Ma non affonda il tackle, non è violento. Un giallo sarebbe stato sufficiente, e invece arriva l’espulsione diretta.

È la svolta che cambia la partita. Di lì in poi è sofferenza pura: Tabarez rompe gli indugi, inserisce Stuani e Gaston Ramirez; l’Italia – già prima lo faceva poco – non esce più dalla metà campo. Buffon è strepitoso su un tocco di esterno di Suarez. Immobile ha i crampi, ma in panchina non ci sono altre punte: tocca a Cassano. Poi esce anche Verratti, stremato. E Chiellini crolla a terra (per la terza volta) dopo colpi proibiti con Suarez.

Nella battaglia la diga azzurra regge fino all’80’, quando su angolo svetta Godin. È proprio il suo anno: da difensore, dopo il gol scudetto per l’Atletico Madrid firma anche la rete qualificazione dell’Uruguay. Mancherebbero dieci minuti, ma non ci sono più cambi, attaccanti ed energie per cercare il pareggio. Anzi, l’Uruguay spreca praterie in contropiede per sigillare il risultato. Finisce 1-0 tra i rimpianti. Per una decisione sbagliata dell’arbitro che si è rivelata decisiva. Soprattutto per la sconfitta contro il Costa Rica, davvero evitabile. Ma anche per le scelte di Prandelli, al momento delle convocazioni, dei cambi e delle formazioni. Che non hanno mai convinto. Stasera c’è solo amarezza, da domani sarà tempo di processi.

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