La cancelliera tedesca Angela Merkel concede una parziale apertura all‘”agenda Renzi-Hollande” per la crescita. E certifica che esiste, pur nel rispetto delle regole fiscali europee, la possibilità di una applicazione “flessibile” del Patto di stabilità. Il portavoce del governo di Berlino, Steffen Seibert, ha sottolineato lunedì durante una conferenza stampa che “il Patto di stabilità e crescita fornisce opzioni per l’applicazione flessibile, valutando prima i singoli casi”. Tuttavia Seibert ha insistito sulla necessità di rispettare le regole comuni già concordate tra i Paesi in sede Ue. Secondo la Frankfurter Allgemeine Zeitung, il portavoce ha sottolineato la possibilità di applicare le norme in modo flessibile per prolungare le scadenze di rientro nei parametri di Bruxelles in caso di un andamento debole dell’economia. “Cosa già accaduta in passato”, ha detto Seibert. Che ha ricordato anche la possibilità, in singoli casi e sempre nel rispetto degli accordi, di scorporare dal calcolo del deficit gli investimenti legati alle riforme strutturali. In pratica questa clausola consente ai Paesi con deficit inferiore al 3% del prodotto interno lordo di “deviare temporaneamente” dalla politica di consolidamento per realizzare investimenti pubblici che favoriscano il rilancio dell’economia. Nulla di del tutto inedito, insomma. E soprattutto nessuna concessione a “uscite dal seminato” più corpose e non concordate. 

Ma tanto basta per suscitare l’entusiasmo di alcuni senatori Pd. “Il primo ostacolo è stato superato, la flessibilità non è più un tabù”, esultano i senatori Laura Cantini e Francesco Scalia. Che rivendicano: “E’ una apertura significativa a un tema posto con forza dal premier Renzi. Il documento che il governo italiano ha presentato a Van Rompuy ha fatto breccia. L’Italia, grazie ad una rigorosa politica di rilancio, è finalmente tornata protagonista in Europa”.  

Il riferimento è al testo che l’esecutivo Renzi ha recapitato al presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy, impegnato a limare il programma con le priorità dei prossimi cinque anni per l’Unione. Programma che presenterà giovedì e venerdì, durante l’atteso vertice Ue dei capi di Stato e di governo, e che stando alle bozze è incentrato sull’idea che crescita, occupazione e riforme per la competitività debbano essere il cuore dell’agenda continentale. E vadano perseguite proprio attraverso un “pieno uso della flessibilità già integrata nelle regole del Patto di stabilità”. Un tasto su cui come è noto anche Renzi, che nel fine settimana ne ha discusso a Parigi con Francois Hollande, continua a battere. E che, comprensibilmente, è il pilastro del documento recapitato al politico belga. In base a quanto riportato dall’agenzia Ansa, il testo arrivato da Roma invoca “un consolidamento di bilancio differenziato e attento alla crescita” e sottolinea che “è arrivato il tempo di ripensare la strategia per rilanciare la crescita e creare lavoro”. Spazio anche per le riforme, “pilastro della nuova agenda politica” europea e “principale motore della crescita, soprattutto se lo sforzo è compiuto con ampio consenso a livello nazionale e in contemporanea con altri Paesi”. E’ in questa cornice, sulla base di questo programma, che dal Pse è arrivato il via libera alla nomina di Jean Claude Juncker alla guida della Commissione. Candidatura a cui però continua a fare muro contro muro la Gran Bretagna: il premier David Cameron avrebbe intenzione di mettere alle strette i leader dei 28 chiedendo che la nomina sia votata in modo motivato, spiegando perché i nomi alternativi a quello dell’ex primo ministro lussemburghese sono stati scartati. 

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