Nel 2006 l’allora segretario di Stato americano Condoleeza Rice parlava di Nuovo Medio Oriente che si sarebbe potuto generare da un caos costruttivo. Tre anni prima tutto ciò venne anticipato dai bombardamenti sull’Iraq ora di nuovo al centro dell’attenzione soprattutto per gli occidentali. Si parlò di guerra preventiva, il massimo dell’asimmetria, cioè fare guerra in un tempo in cui non c’è guerra. Il vero motivo non erano le armi di distruzione di massa di Saddam e neanche la democrazia da inculcare per un futuro migliore degli iracheni bensì la distruzione integrale dell’Iraq.

L’avanzata dell’Isil (Stato Islamico dell’Iraq e del Levante) che nelle ultime ore minaccia la stessa capitale irachena, ha lanciato soprattutto un grande interrogativo:  il notevole numero di defezioni registrate tra le file dell’esercito iracheno. A quanto pare l’esercito non risponde alla fedeltà alla nazione o ad un Iraq inclusivo per tutti. Piuttosto si rapporta ai cittadini in base alla loro setta religiosa. Nei fatti l’Isil, un’onda barbarica che non risponde a nessun credo religioso, ha messo le mani su un ingente bottino di guerra fatto di armi, munizioni, veicoli corazzati e denaro prendendo il controllo di ricche aree petrolifere del paese che serviranno al gruppo per finanziarsi e sostenere le proprie operazioni. La popolazione inerme irachena si trova al centro delle violenze jihadiste e di quelle degli ex militari dell’esercito nazionale che torturano e stuprano.

Ma l’Iraq non soffre solo per i gravi problemi di sicurezza. Secondo il Corruption perceptions index 2013, è tra i paesi  più corrotti al mondo su 177 ed è il più corrotto in assoluto in Medio Oriente subito dopo l’Afghanistan. Qui si paga per ottenere un lavoro, andare dal medico, avere il passaporto. E se il cittadino non è in grado di elargire mazzette non usufruirà del servizio finché non troverà un altro metodo di pagamento, sotto minaccia di molestie e violenze. Gli Usa stanno muovendo le portaerei e pensano di utilizzare dei droni. Intanto nel Golfo si è spostata la nave Mesa Verde, capace di trasportare 800 marine, equipaggiamenti, aerei ed elicotteri.

Sul piano strategico l’offensiva dell’Isil trova le basi nel territorio conquistato nelle province siriane di Al-Raqqa, Deir Al-Zur e Al-Hasakah, un’area che unita alla provincia occidentale irachena di Al-Anbar ha funzionato da corridoio logistico per spostare armi e militanti. A livello geopolitico tutto ciò ha posto le basi per una egemonia dell’Iran. Proprio Khamanei, guida della rivoluzione iraniana, ha visto ottenere il massimo del risultato su buona parte dell’Iraq a mezzo del suo proconsole Al Maliki che non è molto diverso da un certo Assad. La politica di Maliki è stata totalmente settaria nelle province irachene e ha escluso quasi del tutto i rappresentanti della popolazione sunnita dai ministeri e li ha lasciati senza alcuna autorità. L’idea in Iraq è quella di fare fuori la popolazione sunnita per uno scacchiere sciita sempre più chiaro dominato dall’Iran che si è servito di Assad in Siria, di Al Maliki in Iraq e di Nasrallah in Libano.

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