Mentre i benzinai continuano le proteste e gli scioperi, chiedendo una riforma strutturale della rete carburanti, prezzi più bassi e condizioni eque e non discriminatorie, il governo pensa all’ennesimo aumento delle accise sui carburanti. In un’ultima bozza del famigerato “taglia-bollette” per le piccole e medie imprese, che ancora non è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, spunta una ‘pillola avvelenata’: un nuovo aumento delle accise dei carburanti che vale 140,7 milioni nel 2019, 146,4 nel 2020 e 148,3 dal 2021. Il tutto andrebbe a copertura dell’Ace, l’Aiuto alla crescita economica che detassa gli aumenti di capitale e gli utili reinvestiti. Il decreto è stato presentato con delle slide mercoledì dai ministri dello Sviluppo e dell’Economia Guidi e Padoan, che si sono ben guardati di illustrare anche questo “dettaglio”. Che invece è un nuovo salasso per gli automobilisti italiani.

Le brutte notizie per gli automobilisti e i benzinai non sono finite. Al di là del “taglia bollette” ci sono altri aumenti di accise possibili o già programmati. Il dl Irpef, quello sul bonus da 80 euro al mese, prevede di liquidare alle imprese fornitrici della Pubblica amministrazione 5 miliardi di fatture non saldate. Le imprese a loro volta dovrebbero versare allo Stato 650 milioni di Iva nel 2014. Nel caso le maggiori entrate siano inferiori ai 650 milioni, il Tesoro dovrà emanare un decreto di aumento delle accise per evitare che il deficit salga. Il termine per il varo del provvedimento è il 30 settembre. Non solo. La legge di Stabilità prevede un altro aumento delle accise. Entro il 31 dicembre 2016 l’Agenzia delle dogane dovrà aumentare le aliquote su benzina e gasolio “in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 220 milioni di euro per l’anno 2017 e a 199 milioni di euro per l’anno 2018”. Dal primo gennaio 2015 al 15 febbraio 2016, potrebbe poi scattare la clausola di salvaguardia Imu, per 671,1 milioni nel 2015 e 17,8 nel 2016. Il primo marzo è poi scattato un nuovo aumento per 75 milioni previsto dal dl Fare, che varrà fino al 31 dicembre 2014. Nell’ipotesi peggiore, con tutte le salvaguardie attivare, dal primo marzo di quest’anno fino al 2021, le accise potrebbero quindi aumentare in totale di oltre 2 miliardi. Al salasso bisogna poi aggiungere l’Iva, aumentata lo scorso anno dal 20 al 21%, che viene calcolata anche sull’accisa (oltre 400 milioni di euro).

Già a febbraio la Cgia di Mestre (quando stava per entrare in vigore il “decreto fare”) calcolava che negli ultimi 5 anni si è messo mano alle accise ben 10 volte (e due volte all’Iva), costringendo una famiglia media a dover sborsare 257 euro in più rispetto al 2010 nel caso di auto a benzina e 388 euro in più nel caso di auto diesel. Una situazione anomala, considerato che nel resto d’Europa le cose vanno diversamente. Secondo la rilevazione mensile per lo “Stacco Italia Accise” (Iva più accise) di Assopetroli e Figisc (sulla base dei dati forniti dalla Commissione Europea e dal Mse), nel mese di maggio il prezzo della benzina in Italia è stato maggiore di quello dell’Europa a 28 di 25,9 cent/litro, di cui 24,7 centesimi dovuti alle imposte e 1,2 al maggiore costo industriale. Per quanto riguarda il diesel, invece, lo scarto è +24,9 centesimi/litro, con il peso del fisco a quota 24,2 a fronte di un costo industriale superiore di 0,7. 

Insomma un macigno sui consumatori italiani, ma non solo. Sempre Assopetroli sottolinea, citando uno studio di Fair-Fuel UK, la connessione tra costo carburanti, Pil e occupazione: “A ogni aumento di accisa di 4 centesimi si perdono 35.000 posti di lavoro” e “lo 0,1% di Pil” mentre con “una corrispondente riduzione di prezzo” si “incrementa l’occupazione di 70.000 unità e si genera lo 0,2% di Pil in più”, ha detto Ferrari Aggradi. Inoltre, questi continui aumenti hanno un effetto boomerang sulle entrate dello Stato. L’Unione Petrolifera, nella relazione annuale 2014 presentata mercoledì, evidenzia come “il fisco abbia colpito in particolare l’auto e i carburanti, con effetti iniqui e recessivi e senza alcun vantaggio per le casse dello Stato che nel 2013 hanno visto ridursi di oltre un miliardo di euro le entrate derivanti da accise e Iva sui carburanti”.

La stangata arriva anche sui benzinai, in mobilitazione da giorni per chiedere una riforma della rete, prezzi più bassi e condizioni eque e non discriminatorie, il contenimento dei costi della moneta elettronica e il rinnovo degli accordi economici scaduti da tre anni. Con una tassazione così elevata “i consumi di carburanti sono destinati a calare ulteriormente, mettendo ancora in più in difficoltà i gestori degli impianti, che per il 50% sono già indebitati a causa dell’andamento negativo del mercato”, ha detto il presidente di Faib-Confesercenti Martino Landi.

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