Da culla del movimento gay italiano a campo di battaglia tra fazioni opposte. Con il presidente silurato dalla sera alla mattina e un’assemblea spaccata che ha scatenato dimissioni di massa. Sullo sfondo, un brutto caso di cronaca che ha riempito per giorni le pagine dei giornali locali. Con queste premesse l’Arcigay di Bologna va a congresso per eleggere i nuovi vertici e tornare a occuparsi delle battaglie del mondo omosessuale, in un momento in cui anche il governo Renzi ha aperto uno spiraglio al riconoscimento di nuovi diritti. La parola d’ordine è unità, quella perduta in questi mesi tra liti e manovre sotterranee, spesso sconosciute anche agli stessi attivisti. Si vota il 22 giugno e le liste in corsa sono due: Buon Vento e Cassero Insieme.

La prima vede come leader il presidente sfiduciato, Vincenzo Branà, 37 anni, giornalista. Eletto nel 2012, in due anni ha fatto parlare parecchio di sé, a partire dal suo appoggio al referendum cittadino contro i finanziamenti pubblici alle scuole private difesi dal Pd. Ma non solo. Nell’agosto 2013, ha fatto storcere ancora il naso a molti esponenti democratici quando, per la prima volta, decide che la sua associazione non avrebbe aperto il classico stand alla Festa dell’Unità. “Il Pd è troppo morbido sui nostri temi” attaccò, provocando scompiglio in città e non solo.

Ma il suo marcato impegno politico viene oscurato a marzo da una rissa all’interno del Cassero, la storica sede dell’associazione, durante una serata disco. Un ragazzo di 28 anni viene picchiato a sangue per una lite alla fila per il guardaroba e finisce in ospedale con una mandibola fratturata. Il questore sospende le attività serali per 10 giorni. La vicenda fa da detonatore e porta a galla antichi dissapori interni. Il consiglio si spacca, Branà viene sfiduciato e sostituito con Vincenzo Corigliano. Non è solo un “normale avvicendamento”, come qualcuno si affretta a dire per buttare acqua sul fuoco. Seguono infatti settimane di polemiche e un’assemblea dei soci parecchio agitata. Risultato: la metà del direttivo si dimette e se ne va solidarizzando con Branà. Da qui la convocazione del congresso straordinario del 22 giugno. A sostegno dell’ex presidente ci sono altre 8 persone: in particolare volontari e lavoratori del Cassero. Tra questi Kai Trevisan, transessuale di 41 anni originario di Pordenone, che nell’associazione è attivo da 12 anni.

Il secondo sfidante del congresso è proprio Corigliano, che in queste settimane ha fatto da reggente. Quarantasei anni, attore in una compagnia teatrale, è attivista della primissima ora: è entrato nel circolo bolognese nel 1989. In squadra con lui ci sono 5 ragazzi e 3 ragazze, tra le quali spicca Emanuela Ria, prima eterosessuale nella storia del Cassero a candidarsi nel direttivo. Il progetto della lista è quello di un spazio Arcigay aperto all’ esterno. “Perché tutto ciò che si sviluppa all’interno dell’associazione acquisisce forza se portato a conoscenza della popolazione”.

Una partita, quella del Cassero, in cui inevitabilmente avranno un loro peso anche appoggi politici più o meno dichiarati. Da questo punto di vista infatti Bologna vanta parecchi omosessuali eletti nelle file del centrosinistra, dal senatore Pd Sergio Lo Giudice (il marito, Michele Giarratano, è stato tra i firmatari della sfiducia a Branà), ai consiglieri comunali Cathy La Torre (Sel) e Benedetto Zacchiroli (Pd), fino a Franco Grillini, consigliere regionale e presidente onorario dell’Arcigay. Va detto poi che il congresso del circolo più importante d’Italia si svolge in un momento delicatissimo per la comunità Lgbt. Dopo la sentenza della Consulta sul caso Bernaroli, infatti, il premier Renzi ha da poco aperto al riconoscimento delle coppie omosessuali, mettendo nell’agenda d’autunno la discussione su delle forme di civil partnership.

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