Termino oggi la riflessione sulla paura di vincere provando a capire se si è determinata nel caso del Movimento 5 stelle e di Grillo durante la campagna elettorale del 2014. Anche in questo caso cerco di non parlare della persona fisica Giuseppe Grillo, che non conosco, ma del personaggio mediatico che si offre, e dunque accetta, l’attenzione dei mezzi di comunicazione di massa. In questo caso la distinzione è complessa perché la biografia personale spesso coincide con le modalità di proporsi all’opinione pubblica. Inoltre eventuali staff preposti a consigliare le strategie elettorali paiono essere in secondo  piano rispetto allo spessore e all’imporsi prorompente della personalità dl leader.

All’inizio della campagna elettorale il Movimento veniva dato come in grado di portare una consistente pattuglia di deputati in Europa e confermare il grande exploit del 2013. Era, quindi, nei fatti vincente partendo da nessun precedente eurodeputato.

La strategia ha portato, dopo i risultati elettorali, il Movimento a ritenersi sconfitto pur avendo ottenuto il grande risultato di essere il secondo partito Italiano in Europa. Molti commentatori ritengono che vi siano stati alcuni errori che provo ad elencare:
– essersi posti in una dicotomia in cui o vinciamo noi o, di conseguenza, perdiamo noi;
– aver portato avanti un messaggio puramente distruttivo rifiutando ogni idea di costruire in futuro alleanze o progetti. Nella mente degli elettori è comparso lo spauracchio di un anno di forte instabilità con le dimissioni del Capo dello stato, la difficile elezione del nuovo Presidente, nuove elezioni anticipate, ingovernabilità;
–  aver accettato il terreno di scontro degli avversari: quando affermano che sei come Hitler o Pol Pot dovresti far cadere nell’oblio queste farneticazioni e non rispondere “sono oltre Hitler” oppure “istituiremo tribunali mediatici”;
– aver cambiato una componente fondamentale della strategia in itinere: il rifiuto di mescolarsi agli altri politici, anche visivamente nei salotti televisivi, ha avuto l’importante eccezione di Porta a Porta.

Naturalmente forse il risultato non sarebbe cambiato molto  con altre strategie. Il significato simbolico, invece che una sconfitta, sarebbe stato quello di una tappa positiva.

Grillo impersona le contraddizioni del Movimento. Assume su di sé sia il ruolo di comico che di politico con però una grande difficoltà di integrazione. Secondo Freud l’essenza dell’umorismo è quella di consentire un risparmio di energia psichica. Di fronte alle difficoltà o brutture della vita dovremmo provare delle profonde emozioni negative. L’umorismo ci permette  di rivisitare gli stessi problemi senza dover provare pena. Questo “risparmio” di energia psichica si libera determinando l’effetto umoristico. Freud citava il condannato a morte che va alla forca di lunedì mattina e afferma: “Comincia bene questa settimana!”. L’uso massiccio della comicità ha permesso al Movimento di denunciare le mancanze, gli errori o i ladrocini della politica senza provocare assuefazione e ripulsa negli ascoltatori. Un secondo elemento profondamente connaturato alla comicità è la possibilità  di esprimere l’aggressività senza sentirsi in colpa e ricevere una risposta aggressiva contraria. Le battute: “Non sono io razzista, è lui che è nero!” oppure: “Bigamia significa avere una moglie di troppo, monogamia anche!” mitigano e rendono parzialmente accettabili affermazioni  che,  altrimenti, non lo sarebbero. Il Movimento e Grillo hanno usato in modo massiccio queste due funzioni della comicità: la possibilità di esprimere contenuti aggressivi senza pagare pegno e l’opportunità di denunciare le brutture del mondo politico senza provocare sofferenza e avversione nell’interlocutore.

Nel 2014 il Movimento e Grillo si sono trovati davanti alla necessità di dover scegliere fra il ruolo comico e quello politico. Se si passa alla dimensione politica le definizione “psiconano e ebetino” assumono un diverso significato e la denuncia di un problema politico pone la difficoltà di dover presentare una soluzione.

Mi pare che il Movimento e Grillo abbiano avuto la paura inconscia di vincere per il timore di trovarsi nella necessità di abbandonare il livello comico per dover assumere definitivamente il ruolo politico. Se non si riflette sul passato il problema si ripresenterà in altre occasioni.

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