Debole“, “usato” dal Pd e con alcuni “plichi” consegnatigli direttamente a casa dal presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati, ancora “chiusi“. A leggere il verbale che Giorgio Orsoni, ormai ex sindaco di Venezia, ha firmato dopo l’interrogatorio con i pm di Venezia, viene da pensare che buste di denaro – come raccontato dall’imprenditore – per finanziare la campagna elettorale delle comunali siano state disperse o giacciano da qualche parte in casa dell’ex primo cittadino. Oppure che questa “documentazione sia stata girata”.  A chi, quando, dove, come Orsoni non lo dice. Ma il suo grande accusatore sostiene che dentro ci fossero i versamenti per la campagna elettorale.

È un racconto “sfumato”, come commenta uno dei pm durante l’interrogatorio, ma l’avvocato amministrativista prestato alla politica, che conosceva da 30 anni l’imprenditore che lo accusa di avergli chiesto sempre più soldi, non fa che confermare quanto messo nero su bianco dal numero uno del Cvn. E aggiunge che a quelle richieste lui era arrivato spinto dalle pressioni dei “maggiorenti” del Pd. “I miei interlocutori nel Partito Democratico erano sostanzialmente il segretario, che era Mognato” e po tra gli altri “Zoggia che era fra l’altro il delegato agli enti locali a livello nazionale e che, pur essendo occupato anche per altre elezioni, perché essendo il delegato nazionale poi si doveva occupare di altre cose, però era presente spesso anche a Venezia”.   

Orsoni ammette: “Non avendo nessuna esperienza politica e tanto meno elettorale non avrei saputo come organizzarmi… non avrei saputo come reperire le risorse per sostenere una campagna elettorale, della quale non conoscevo i costi”.  Poi arrivarono 300mila euro: cifra che mi sembrava enorme”. Quindi al candidato si presentò Mazzacurati, il finanziatore di tutti, anche dell’altro candidato Renato Brunetta (estraneo all’inchiesta, ndr), che gli spiegò che in passato aveva versato tanto denaro per tutte le campagne elettorali: “Ma sì, ma sai io mi sono sempre occupato delle campagne elettorali anche quella precedente del tuto predecessore…”. Nonostante fosse “perplesso” e si fosse posto “dei problemi di opportunità” Orsoni diede all’imprenditore il conto corrente del mandatario.

Circondato, confuso, sempre di fretta l’indagato – che ha chiesto di patteggiare 4 mesi – racconta delle “pressioni per avere più soldi” che ” si sono fatte sempre più forti da parte di vari esponenti delal politica, ma soprattutto o quasi esclusivamente da parte di esponenti del Pd, quelli con cui mi relazionavo” ovvero Davide Zoggia e Michele Mognato e “probabilmente Marchese”. A verbale l’ex sindaco sostiene di aver offerto le sue perplessità, ma che il finanziamento veniva considerato “una cosa normale, rodata”. Poi di fornte al sondaggio in cui Brunetta veniva dato in vantaggio, le pressioni aumentarono e Orsoni cominciò a riversarle: “Ho insistito con Mazzacurati” (come raccontato dall’imprenditore stesso). È a questo punto che gli inquirenti introducono la questione dei “plichi”. L’imprenditore ha infatti svelato di consegne di denaro direttamente brevi manu, ma il sindaco sfuma, edulcora e dice: “Mi sono ritrovato a distanza di tempo plichi magari di cose che mi erano state date, ancora chiusi e che non avevo visto, è probabile che anche in quelle occasione magari mi lasciasse delle cose che non aprivo”. Cose che Orsoni non ricorda se fossero da consegnare anche agli uomini del Pd. Alla domanda netta dei pm “Lei questa documentazione l’ha mai girata anche un solo mero esame a esponenti del Partito Democratico?” la risposta è ancora vaga: “Guardi questo non sono in grado dirglielo. Può anche essere che ci siano stati degli argomenti che dovevamo discutere e per i quali occorevva parlare sulla base di carte e documentazione. Questo potrebbe essere”.

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