È finita in semifinale playoff la favola del Bari: 2-2 all’andata, 2-2 al ritorno. In finale contro il Cesena, per giocarsi la promozione in Serie A, ci andrà il Latina in virtù del miglior piazzamento in classifica nel corso della stagione. I biancorossi si fermano ad un passo dal traguardo. Peccato. E non per partigianeria, ma perché la storia della squadra senza società, senza soldi e senza futuro, capace di sovvertire tutte le regole del gioco e inanellare una serie clamorosa di vittoria, fino a conquistare i playoff, aveva fatto sorridere un po’ tutta l’Italia che ama il calcio.

È oggettivamente difficile descrivere a parole la chimica che si è innescata a Bari negli ultimi due mesi. Le vittorie sul campo, una dopo l’altra. Lo stadio San Nicola sempre più pieno, domenica dopo domenica, fino a raggiungere (e forse addirittura superare) la capienza massima di 58mila persone per la partita col Latina. Cifre spaventose per la Serie B, importanti anche per la Serie A dove si contano sulle dita di una mano le piazze che possono vantare certi numeri. Il movimento di opinione per trovare una nuova proprietà alla squadra ed evitare il fallimento. E poi l’asta in tribunale vinta dall’ex arbitro Paparesta, che almeno ha scacciato definitivamente l’incubo di scomparire a fine campionato. E ancora: la vittoria schiacciante per 3-0 sul campo del Crotone nel preliminare dei playoff.

I tifosi in piazza e per le strade, in festa permanente. I giocatori come amici per la pelle: i messaggi e le dediche su Facebook, due chiacchiere e una foto il sabato sera in centro. Persino la colazione offerta ai tifosi in coda ai botteghini per comprare i biglietti per la partita. Bari pazza del Bari. Diventato unico oggetto di conversazione, nei bar e nei negozi, persino negli uffici di lavoro. Fino a ieri sera, quando il 2-2 di Latina ha spezzato l’incantesimo. In finale ci vanno gli altri. Non sarà Serie A. Non quest’anno, almeno.

In un mondo ideale, le cose sarebbero andate diversamente. Nella gara di andata l’arbitro avrebbe annullato il primo gol del Latina, viziato da un evidente fallo sul portiere. E Ristovski, terzino macedone passato dalla Puglia senza lasciare grandi tracce, non avrebbe segnato all’ultimo minuto il gol della carriera. Nella gara di ritorno l’arbitro Pinzani non avrebbe concesso (dopo averne negato uno ben più evidente due minuti prima) il rigore generosissimo che ha restituito al Latina la qualificazione, dopo il vantaggio iniziale di Polenta. O magari i biancorossi avrebbero trovato all’ultimo secondo dei cinque minuti di recupero il gol della vittoria. Il Bari, insomma, avrebbe vinto. E poi sarebbe tornato in Serie A, dopo una rimonta da sogno. Sospinto dai gol di quell’Edgar Cani, centravanti albanese arrivato in Puglia da bambino, profugo sulla nave Vlora nel 1991, e diventato idolo della città 20 anni e passa dopo.

Ma la vita vera non è un film, non tutte le storie finiscono come dovrebbero. Gli arbitri sbagliano come gli uomini, la sfortuna esiste. Il Latina è stato più cinico, ha sfruttato a pieno gli episodi e soprattutto il vantaggio del miglior piazzamento in classifica. Non ha rubato nulla: si giocherà in finale contro il Cesena la promozione in Serie A che in fondo ha meritato nel corso della stagione regolare, chiusa da neopromossa al terzo posto. Anche la loro è una bella vicenda di calcio.

Bari piange, ha perso un’occasione grande. Starà ora alla nuova proprietà non disperdere tutto questo amore, far sì che il treno ripassi l’anno prossimo. Ma squadra, giocatori, tifosi, possono essere orgogliosi: per due mesi si sono regalati un sogno. Che valeva la pena vivere, con o senza lieto fine.

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