Il nuovo sistema europeo di contabilizzazione prevede di inserire nei dati nazionali anche stime del fatturato prodotto da traffico di sostanze stupefacenti, prostituzione e contrabbando. Per l’Italia significa un miglioramento nei rapporti tra debito e Pil e deficit e Pil. Investimenti in R&D.

di Mario Centorrino*, Piero David** e Antonella Gangemi (lavoce.info)

La contabilizzazione dell’economia illegale 

Nella letteratura economica, l’economia illegale viene considerata una componente non osservata. L’aggregato (non-observed economy) si riferisce a quelle attività economiche che devono essere incluse nella stima del Pil, ma che non sono registrate nelle indagini statistiche presso le imprese, o nei dati fiscali e amministrativi, in quanto non osservabili in modo diretto. Rappresentano una parte consistente del Pil ed è importante quantificarne le dimensioni. Soprattutto per la funzione che il Pil ha come base per gli indicatori di stabilità finanziaria.
Sulla base delle definizioni internazionali contenute nel Sistema europeo dei conti nazionali del 1995 e nell’Handbook for measurement of the non-observed economy dell’Ocse del 2002, l’economia non osservata deriva, oltre che da attività illegali, anche dal sommerso e dalla produzione del settore informale e dai limiti del sistema statistico. (1)
In linea generale, all’interno della non-observed economy è possibile distinguere tre componenti:

1) l’economia sommersa o sommerso economico (underground o hidden o shadow economy) che riguarda le attività che sono produttive e legali, ma non conformi alle norme amministrative, e per questo, deliberatamente nascoste alle autorità pubbliche al fine di evitare il pagamento delle imposte o di conformarsi della normativa; il “sommerso statistico” invece fa riferimento alle inefficienze del sistema di raccolta dei dati;
2) l’economia criminale o le attività illegali è classificata dalla Scn 1993 in due categorie: la produzione di beni e servizi la cui produzione, vendita o semplice possesso è vietato dalla legge; e le attività di produzione che di solito sono legali, ma che diventano illegali se effettuate da produttori non autorizzati. Entrambi i tipi di produzione sono considerati attività economiche a condizione che esista una domanda di mercato effettivo e ci sia il consenso tra le parti; (2)
3) l’economia (o attività) informale include le attività produttive legali svolte da piccole unità produttive (piccola scala, basso livello di organizzazione, scarsa o nulla distinzione tra capitale e lavoro, rapporti di lavoro occasionali basati su relazioni personali o familiari in contrapposizione ai contratti formali – Istat, 2008) che ne rendono difficile o impossibile l’osservazione statistica ma che, non essendo finalizzate all’evasione fiscale o contributiva, non possono essere comprese nell’economia sommersa.

L’Istat ha sistematizzato in un quadro analitico le diverse componenti della non-observed economy:

non-observed-economy

Fino ad oggi, in sede europea, si era convenuto di escludere l’economia illegale dalla contabilità nazionale in quanto la disomogeneità (alcune attività sono illegali in alcuni paesi ma legali in altri) e l’incertezza delle stime rendevano poco confrontabili i dati dei vari paesi. Solo pochi paesi dell’Ocse (Estonia, Lituania, Polonia, Slovacchia) comprendevano stime esplicite delle attività illecite nei loro dati relativi al Pil, introdotte in via sperimentale per uno o due anni.

Ora, a partire da settembre 2014, gli Stati membri adotteranno il nuovo sistema europeo dei conti nazionali e regionali – Sec 2010 – in sostituzione del Sec 95. Il nuovo sistema, definito nel Regolamento Ue (549/2013) pubblicato il 26 giugno 2013, presenta alcune importanti differenze rispetto al precedente.

I conti con il Sec 2010

Come riportato dall’Istat, sono quattro le principali novità del nuovo Sec: 1) la capitalizzazione delle spese in ricerca e sviluppo; 2) la riclassificazione da consumi intermedi a investimenti della spesa per armamenti sostenuta dalle amministrazioni pubbliche; 3) una nuova metodologia di stima degli scambi con l’estero di merci da sottoporre a lavorazione (processing), per i quali si registra il valore del solo servizio di trasformazione e non più quello dei beni scambiati; 4) la verifica del perimetro delle amministrazioni pubbliche sulla base degli aggiustamenti metodologici introdotti dal Sec 2010.
A queste novità ne va aggiunta un’altra che rende omogenei gli standard di calcolo già esistenti tra i paesi UE e che riguarda l’inserimento nei conti delle attività illegali frutto di un consenso reciproco, in ottemperanza al principio di esaustività, già introdotto dal Sec 95: le stime devono comprendere tutte le attività che producono reddito, indipendentemente dal loro status giuridico, seguendo le linee guida stabilite da Eurostat. Tutti i paesi dunque inseriranno una stima nei conti (e quindi nel Pil) del traffico di sostanze stupefacenti, servizi della prostituzione e contrabbando (di sigarette o alcol).
Ora, l’economia illegale rappresenta una percentuale consistente di transazioni in Italia, circa l’11 per cento del Pil secondo alcune stime.(3) La componente relativa al traffico di stupefacenti, in particolare, costituirebbe per la criminalità organizzata il business principale, con un fatturato annuo di circa 60 miliardi di euro. (4) Stime più prudenti forniscono un ricavo complessivo nel 2010 pari a circa 24 miliardi di euro. (5) Decisamente più contenute (11 miliardi nel 2008-2009) le cifre indicate dal Progetto Pon Sicurezza 2007-2013, che valuta il fatturato della prostituzione in 7,5 miliardi (2004-2009) e quello del contrabbando di sigarette in 841 milioni (2009-2011).
Se dunque in termini di tassi di crescita le innovazioni introdotte non dovrebbero produrre aumenti importanti delle percentuali, è in termini di stock che si registreranno gli effetti più rilevanti, soprattutto sui principali indicatori di stabilità finanziaria dei diversi paesi dell’UE. Secondo Eurostat, per l’Italia sarà tra l’1 e il 2 per cento – dipendendo molto dalla metodologia di stima. I paesi per i quali si prevede che l’impatto sia maggiore (Svezia e Finlandia) sono quelli che investono maggiori risorse in ricerca e sviluppo, come si può rilevare dalla tabella 4.

Tabella 1 – Stime provvisorie dell’impatto sul Pil dei cambiamenti metodologici

stime-provvisorie-pil

Fonte: Eurostat – The new ESA 2010

Se applichiamo le stime di crescita di Eurostat ai dati del Pil italiano 2013, otteniamo risultati molto importanti per i rapporti debito/Pil e deficit/Pil nel 2013.
Il rapporto debito/Pil subirebbe una riduzione di 1,32 – 2,6: nell’ipotesi massima si raggiungerebbe senza alcuno sforzo economico e politico metà dell’obiettivo richiesto dal fiscal compact.
Il rapporto deficit/Pil, invece, diminuirebbe di 0,03 – 0,05 punti, con una maggiore disponibilità di risorse da spendere tra i 15 ed i 31 miliardi secondo i dati del 2013. Si tratta dunque di un’innovazione contabile con effetti reali rilevanti. Che potrebbero essere ancora maggiori se alcune di queste attività illegali, come la vendita di droghe leggere o la prostituzione, venissero legalizzate, grazie alle tasse incassate e alle minori spese da effettuare per il contrasto.

Tabelle 2 – 3 – Stime previsionali per l’Italia 2013

stime-previsionale-italia-pil

Fonte: Eurostat – ns elaborazione (dati in miliardi)

rapporto-deficit-pil

Fonte: Eurostat – ns elaborazione (dati in miliardi)

Nell’attesa di capire come si possa riuscire in brevissimo tempo a costruire e applicare metodi di rilevazione e di calcolo omogenei e credibili – rispetto a una materia che finora, per ragioni di visibilità mediatica, è stata spesso contraddistinta da improvvisazioni, ripetizione automatica di stime mai metodologicamente controllate – una strada semplice e immediata che la nuova metodologia ci consegna per far aumentare contabilmente il Pil c’è: investire in ricerca e sviluppo.

Tabella 4 – Spesa lorda in ricerca e sviluppo in percentuale sul Pil 

spesa-lorda

Fonte: Eurostat

(1) L’Handbook interviene con la definizione sia di un framework concettuale per la misura del Pil e sia di un framework analitico per la misurazione dell’economia non osservata.
(2) Secondo l’Scn 1993 le attività illegali devono essere incluse nel sistema di contabilità nazionale, sottolineando che “nonostante le evidenti difficoltà pratiche per ottenere dati sulla produzione illegale, tale attività è inclusa nella produzione nazionale” (Scn 1993: 6,30). L’Scn 1993 opera una netta distinzione tra le operazioni di comune accordo tra l’acquirente e il venditore (ad esempio, la vendita di droga, il traffico di merci rubate o la prostituzione), che sono inclusi nelle attività di produzione, e di altre attività dove l’accordo manca (ad esempio, l’estorsione o il furto), che sono escluse. Il Scn 1993 suggerisce che le azioni illegali per le quali non esiste un accordo possono essere interpretate come una forma estrema di esternalità, senza alcun valore aggiunto nei conti nazionali. Così è la mancanza di consenso tra le parti, piuttosto che l’illegalità a rappresentare il criterio di esclusione dalle attività di produzione (Oecd 2002).
(3) Ardizzi G., Petraglia C., Piacenza M. and Turati G. (2012), Measuring the underground economy with the currency demand approach: a reinterpretation of the methodology, with an application to Italy, Banca d’Italia, Temi di Discussione (Working Papers) Number 864.
(4) Sos Impresa 2009
(5) Fabi, F., Ricci, R. e Rossi, C. in Rey G., Rossi C. e Zuliani A. (2011) Il mercato delle droghe – Dimensione protagonisti, politicheMarsilio

*E’ Ordinario di Politica Economica nell’Università di Messina. E’ stato Commissario Straordinario dell’IRCAC (Istituto Regionale per il Credito alla Cooperazione. E’ stato vice-presidente del Comitato Scientifico dell’Osservatorio Regionale sull’Economia Siciliana del Banco di Sicilia. Consulente esterno dal del Ministero dell’Interno sui rapporti tra economia e criminalità organizzata (1996-1997). Consulente presso la Presidenza nazionale della Confcommercio (1996-1997) su tematiche attinenti la criminalità economica. E’ stato consulente esterno della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul fenomeno della mafia (1997-1999). Consulente economico del Presidente della Regione Siciliana (1998-1999). Componente dell’ Osservatorio socio-economico della criminalità organizzata presso il C.N.E. L. (1999-2001). E’ stato Direttore del Centro per lo Studio e la Documentazione della Criminalità Mafiosa dell’Ateneo di Messina (1997-98) e componente del Comitato Scientifico del Centro Internazionale di Documentazione sulle Mafie e sul Movimento antimafia di Corleone.( 2000-2002).

**Pietro David è PhD in Economia ed Istituzioni presso l’Università degli Studi di Messina e docente a contratto in Politica Economia nella facoltà di Scienze Politiche. Svolge inoltre attività di consulenza con enti locali e società di servizi in qualità di esperto dei processi di sviluppo locale e programmazione territoriale. Tra i suoi lavori, Le infrastrutture aeroportuali, La domanda di trasporto aereo e le politiche regionali Aracne Editrice 2012, ed, insieme a Mario Centorrino, Le città della Fata Morgana. 5° Rapporto sull’economia della provincia di Messina (2009), Franco Angeli.

Articolo Precedente

Aifa: antidiabetici orali, altro che Avastin-Lucentis

next
Articolo Successivo

Alitalia, l’accordo con Etihad è l’unica soluzione possibile?

next