Di Enrico Berlinguer si è detto tutto e il contrario di tutto, in questi giorni. E non è strano, perché a guardarlo da lontano (e con molta superficialità) il suo percorso politico, e quello del partito che guidava, non è stato lineare, essendo passato dalle dure lotte operaie, al compromesso storico, e poi ancora alla ripresa del conflitto di classe.

Ma fa davvero impressione leggere e sopratutto vedere sui telegiornali l’appropriarsi della figura di Enrico Berlinguer da parte del renzismo. Che secondo i più avrebbe in qualche modo portato a termine il sogno del leader comunista: quello di una alleanza tra forze di sinistra e forze di centro per il governo del Paese. Beh, questa è una frottola, una palla.
Vero è che Berlinguer lavorò per il “compromesso storico”, l’alleanza tra Dc e Pci per il governo. Ma il compromesso storico è figlio della strategia della tensione, figlio del colpo di Stato in Cile, figlio di quello scontro durissimo che nei primi anni Settanta contrapponeva la sinistra al centro alleato con la destra. Ed era una alleanza più tattica che strategica. Perché il Pci non avrebbe mai potuto andare al governo. Piuttosto, le bombe, le stragi, il terrorismo. Piuttosto i colpi di Stato (l’ultimo tentato è del 1974, non del 1836).

Mentre Berlinguer e un pezzo della Democrazia Cristiana con Moro lavoravano al compromesso storico, Licio Gelli e un altro pezzo della Democrazia Cristiana lavoravano al Piano di Rinascita Democratica. Con buona parte del potere costituito (esercito, banche, industriali, altri partiti), il pezzo più conservatore della Dc si stava attrezzando a sovvertire l’ordine costituito per fermare il grande processo riformatore nato dalle lotte operaie e studentesche.

Berlinguer e Moro provarono a fermare i conservatori, e non ci riuscirono. Moro fu rapito e ucciso dalle Brigate Rosse, sul Paese calò la pesante cappa degli anni di piombo.
Nel frattempo la strategia della tensione divenne un inutile e spesso controproducente ferro vecchio. I conservatori, ne è testimone sempre il Piano di Rinascita Democratica della P2 di Gelli, capirono che era più facile combattere i progressisti con le armi del monopolio culturale e politico: meglio l’infiltrazione che lo scontro, meglio il controllo mediatico dell’esplosivo.

Oggi, a 30 anni dalla morte del segretario comunista, le parti fondamentali del piano di Licio Gelli sono state attuate, soprattutto quelle che riguardano il controllo dell’informazione e quindi del sentir comune. E Renzi viene fatto passare per colui che ha portato a termine quello che ci spacciano per il sogno berlingueriano: l’alleanza tra centro e sinistra per il governo. 

Articolo Precedente

Consulta, M5S presenta la rosa di nomi. E non esclude dialogo con altri partiti

next
Articolo Successivo

Riforma Senato, Calderoli: “E’ fatta al 90%”. Ma nel Pd resta il nodo Mineo

next