E siamo a tre. Perché dopo la presunta cupola degli appalti e le turbative d’asta legate a Infrastrutture Lombarde (Ilspa), la Procura di Milano ha aperto una terza indagine su Expo. L’inchiesta, che ha già diversi indagati, riguarda il maxi-appalto della Piastra vinto nel 2012 dall’impresa Mantovani. L’affare da 149 milioni di euro, portato a casa con un ribasso record del 41,80%, in parte è già stato trattato nel fascicolo del procuratore aggiunto Alfredo Robledo su Ilspa e sull’ex direttore generale Giulio Antonio Rognoni.

Ed è lo stesso Robledo che a maggio (mese in cui l’aggiunto della Dda Ilda Boccassini ottiene gli arresti per i presunti membri della cupola) proprio dall’inchiesta su Infrastrutture fa partire uno stralcio che affida a tre nuovi pubblici ministeri del suo dipartimento: Roberto Pellicano, Paolo Filippini e Giovanni Polizzi. Ma se a maggio Robledo è il titolare del nuovo filone, dal 5 giugno scorso ne è diventato solo assegnatore e questo dopo che il procuratore Edmondo Bruti Liberati, attraverso una comunicazione arrivata a tutti i pm, ha in sostanza avocato a se le indagini sull’Esposizione istituendo quella che è stata definita “Area omogenea Expo 2015″.

Un ulteriore capitolo della guerra tra Bruti e Robledo, che però non offusca i contenuti della nuova indagine milanese. Al centro torna l’affare della Piastra e questa volta non ci sono solo i tentativi falliti di Rognoni di pilotare la gara verso Impregilo a discapito di Mantovani, ma anche la partita delle varianti in corso d’opera. In sostanza, la Procura ritiene che il progetto iniziale di Mantovani, accettato da Infrastrutture come stazione appaltante, è stato più volte modificato per recuperare il denaro risparmiato con il massimo ribasso. A sostegno di questa ipotesi ci sarebbe anche un verbale di Piergiorgio Baita, l’ex Ad di Mantovani arrestato nel febbraio 2013 e coinvolto nella nuova tangentopoli veneta nata attorno al Mose. Nel verbale, Baita parla del fatto che “con le varianti tutti vogliono guadagnare”. Il passaggio interessa la procura di Milano che si è fatta trasmettere l’interrogatorio. Del tema discute già il responsabile unico dei progetti Expo Carlo Chiesa (non indagato) con l’ex manager Angelo Paris arrestato l’8 maggio perché, secondo i pm, pilotava le gare in cambio di “protezioni politiche”. La telefonata è del 16 luglio 2012, giorno in cui viene assegnata la gara a Mantovani. Dice Chiesa: “Con il ribasso sul prezzo (…) lo sanno tutti che alla fine visto che devono fare delle varianti una parte la recuperano, quindi per prendere l’appalto si sono tirati un po’ il collo”. Netta la risposta di Paris: “Noi qui siamo debolissimi”.

Così mentre si aspettano ancora rivelazioni clamorose dai vari Greganti, Frigerio e Maltauro, per ora il colpo di scena arriva dal fascicolo su Infrastrutture. Grazie a questo nuovo stralcio, infatti, la Procura punta a fare luce sul maxi-appalto inaspettatamente passato di mano. Con Impregilo prima favoritissima e poi scalzata dall’impresa veneta.

In mezzo l’episodio del “pizzino” che, stando alle intercettazioni, un emissario di Mantovani porta a Rognoni il 10 luglio 2012. Nel bigliettino si legge: “Sappiamo che siamo andati bene nella parte qualitativa”. L’informazione è riservata e diventerà pubblica solo sei giorni dopo. L’allora dg di Ilspa lo legge, poi lo strappa. Da quel momento Mantovani avrà la strada spianata. La circostanza è ritenuta “decisiva” dalla Guardia di Finanza che in una nota scrive: “Potrebbe proprio essere questo l’episodio alla base del cambio di strategia operato da Rognoni”. Da qui la necessità di “acquisire i dati relativi alle registrazioni degli accessi presso la sede di Infrastrutture dal 25 giugno al 16 luglio 2012”. Obiettivo: capire chi fu lo spallone. Qualche particolare emerge dalle parole dell’avvocato Carmen Leo, vicina a Rognoni. Dice il legale a proposito di Mantovani: “Paga Cl”. Ovvero Comunione e liberazione che in quel 2012, con Formigoni inguaiato dallo scandalo Maugeri, ha in Maurizio Lupi, attuale ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, il suo interprete più in vista. La Leo, della Piastra dice: “Questa gara ha un grande humus, prima doveva vincere Impregilo, poi…”. E se le inchieste vanno avanti, i lavori sul sito di Expo rallentano. L’allarme è stato lanciato ieri dal presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni che ha esortato “il governo a darsi una mossa”. “Piuttosto che sollevare polemiche sterili Maroni rifletta sulle responsabilità della Lombardia”, ha risposto Renzi da Shanghai. Parole che non raccontano l’emergenza rappresentata dalle spese aggiuntive accumulate (dette riserve) dalle imprese in corso d’opera. Ad oggi il conto non pagato, per gli appalti più grandi, supera i 150 milioni. Ma Expo rimanda la responsabilità al governo, mettendo le imprese nelle condizioni limite di sospendere i lavori.

Da Il Fatto Quotidiano di mercoledì 11 giugno 2014

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