Nuovi dubbi dei tecnici del Parlamento sul Dl Irpef. Dopo i rilievi avanzati a maggio dal servizio Bilancio del Senato, ora sono i tecnici di Montecitorio, dove il decreto è approdato, a chiedere chiarimenti: i destinatari del bonus sono stati identificati in base ai redditi 2011, ma nel frattempo “la platea dei soggetti interessati potrebbe aver subito un cambiamento significativo sia dal punto di vista numerico sia, per altro verso, dal punto di vista del reddito di riferimento realizzato da ciascun soggetto”. Lo si legge nel dossier sul decreto legge Irpef che chiede al governo dei chiarimenti “in merito al mancato utilizzo di dati più aggiornati disponibili”. L’esame del dl è iniziato nelle commissioni Bilancio e Finanze. Il termine per la presentazione degli emendamenti è stato fissato alle 12 di mercoledì. Il decreto, che dovrà essere approvato dal parlamento entro il 23 giugno, è atteso venerdì in aula. 

BONUS, LA PLATEA POTREBBE ESSERE CAMBIATA Nello specifico, secondo i tecnici del servizio Bilancio, nell’articolo 1 del decreto, quello appunto sul calo del cuneo fiscale, sono presenti “alcuni aspetti rispetto ai quali appaiono opportuni dei chiarimenti“. “In base a quanto indicato nella relazione tecnica, – si legge in particolare nel dossier ora in mano alle Commissioni Finanze e Bilancio – la microsimulazione è effettuata con riferimento ai redditi 2011, estrapolati al 2014. In proposito, ferma restando la necessità di un chiarimento in merito al mancato utilizzo di dati più aggiornati disponibili, andrebbero fornite maggiori informazioni in merito ai criteri utilizzati per l’estrapolazione dei dati al 2014″. La platea, infatti, potrebbe essere cambiata: “Se da un lato potrebbero risultare incrementati i soggetti cosiddetti incapienti o senza reddito di lavoro dipendente (riducendo quindi il numero dei beneficiari), dall’altro lato potrebbero rientrare nel beneficio soggetti che nel 2014 realizzano redditi inferiori rispetto a quelli del 2011″.

“A RISCHIO LE FUNZIONI DEI COMUNI” Per quanto riguarda le norme che stabiliscono i tagli ai Comuni a valere sulle dotazioni del fondo di solidarietà comunale (pari a 375,6 milioni di euro nel 2014 563,4 milioni dal 2015 al 2017) “andrebbero valutati i profili inerenti la sostenibilità per il comparto comunale del taglio addizionale dei trasferimenti e il rischio che tale riduzione possa incidere sulle risorse necessarie a garantire lo svolgimento delle funzioni fondamentali dei Comuni”.

GETTITO IRAP, DUBBI SUI DATI UTILIZZATI I tecnici di Montecitorio esprimono nuove perplessità anche sul gettito Irap: “In base alle informazioni disponibili – si legge nel dossier – si rileva che la riduzione del gettito in termini di competenza (stimato in 2.059 milioni annui) corrisponde ad una quota inferiore al 10% (misura della riduzione introdotta dal dl in esame) del gettito Irap settore privato realizzato nel 2013 (24.813 milioni). Sul punto appare opportuno acquisire dei chiarimenti in merito alle motivazioni sottostanti tale differenza”.  “Andrebbero altresì fornite – si legge ancora – maggiori informazioni in merito ai criteri adottati per l’estrapolazione al 2014 dei dati riferiti al 2011. Ciò con particolare riferimento all’andamento Irap del settore privato che, nonostante la crisi che ha interessato il periodo oggetto di estrapolazione, presenta un gettito crescente (23.962 milioni nel 2011, 24.422 nel 2012 e 24.813 nel 2013)”.

QUOTE BANKITALIA, SERVONO NUOVI CHIARIMENTI Occorre poi verificare in dettaglio le stime sulla rivalutazione delle quote Bankitalia, su cui si innesta l’aumento della tassazione delle plusvalenze contenuta nel dl Irpef. Secondo i tecnici “appare opportuno che vengano forniti elementi di maggior dettaglio al fine di verificare la stima effettuata, con particolare riferimento alla definizione dell’importo complessivo, pari a 6,9 miliardi, su cui si applica l’imposta sostitutiva, tenuto conto della significatività del gettito atteso” dalla misura.

“RINVIO TASI AVRA’ EFFETTI SULL’ERARIO” Non mancano rilievi sulla Tasi: la deroga per il 2014 che fa slittare il pagamento della prima rata a ottobre o a dicembre per i Comuni ritardatari “appare articolata e suscettibile di recare effetti finanziari con particolare riferimento a due aspetti”. Prima di tutto i tecnici individuano un problema in merito agli interessi sulle anticipazioni corrisposte ai comuni: “In proposito – scrivono – si segnala che, pur considerando che le somme erogate sono recuperate nel corso dell’anno, andrebbero prudenzialmente valutati gli effetti in termini di maggiori spese per interessi a carico del Bilancio dello Stato sulle quote corrisposte a titolo di anticipazione”. “Tenuto conto – osservano – che la normativa vigente prevede un limite massimo di aliquota Imu+Tasi, l’erogazione di una somma anticipata calcolata sulla base dell’aliquota ordinaria Tasi potrebbe risultare eccessiva nei Comuni che, pur non avendo deliberato in materia di Tasi, abbiano applicato elevate aliquote Imu e, conseguentemente, dovranno applicare aliquote Tasi ridotte”.

TAGLI ALLE PARTECIPATE, MENO RISPARMI DEL PREVISTO  Sotto osservazione anche i tagli alle partecipate statali previsti nel dl Irpef, che presentano “alcune criticità che potrebbero incidere sull’effettivo conseguimento dei risparmi attesi“. Secondo i tecnici, “la riduzione dei costi potrebbe venire bilanciata da una riduzione dei ricavi. Inoltre potrebbero riscontrarsi difficoltà operative che rendano di fatto impraticabile, in parte, la riduzione dei costi imposta dalla legge”.

DEBITI PA, TEMPI POCO CERTI SUI 650 MILIONI DI IVA La norma del dl Irpef sugli strumenti per favorire la cessione dei crediti certificati delle Pa “appare suscettibile di determinare un incremento del debito pubblico in misura pari all’ammontare dei debiti di fornitura della Pa che saranno oggetto di cessione al sistema finanziario”. Andrebbero acquisiti, poi, “chiarimenti in merito alla tempistica di riscossione dell’Iva” dal pagamento dei maggiori debiti Pa. “Infatti la quota Iva inclusa nello stimato pagamento dei 5 miliardi di debiti della pubblica amministrazione – pari a 650 milioni di euro – potrebbe essere suscettibile di non immediato incasso nell’anno 2014”.

TASSAZIONE RENDITE, EFFETTI NON PREVISTI Gli “effetti di sostituzione” che derivano dall’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie non vengono considerati nel decreto. Per i tecnici “andrebbe valutata la possibilità che gli investitori scelgano di sostituire l’investimento effettuato in attività finanziarie, soggette all’incremento previsto, con altre attività finanziarie per le quali permane il livello di tassazione attuale o con attività reali (immobili)”.

BOCCIA: “MODIFICHE IMPOSSIBILI” “Purtroppo il provvedimento è arrivato alla Camera dopo 50 giorni”, quindi “le modifiche, che molti desideravano, dubito che possano essere fatte”. Lo afferma il presidente della commissione Bilancio di Montecitorio, Francesco Boccia. “Non possono esserci ostacoli alla conversione del decreto Irpef – si legge in una nota del deputato –  saranno mantenuti gli obiettivo di confermare il bonus degli 80 euro il 27 giugno e di renderlo stabile”.

Articolo Precedente

Rai, ovvero il capitalismo di Stato che non regge alla prova televisione

next
Articolo Successivo

Ocse, in Italia attività economica in accelerazione. Crescita stabile nell’eurozona

next