“Un conto è intercettare contatti aggiuntivi ed effettivi, un conto è gonfiare fraudolentemente i volumi di traffico”. Così la rappresentanza sindacale dei giornalisti del Corriere della Sera, in un comunicato pubblicato venerdì sul quotidiano, chiede spiegazioni all’amministratore delegato Pietro Scott Jovane sul “caso” dei dati di traffico di Corriere.it. A sollevare la questione è stato un articolo della rivista Wired, stando al quale il sito web del giornale di via Solferino avrebbe “gonfiato il traffico del proprio sito internet con l’acquisto di clic creati in automatico attraverso il cosiddetto “site under””, pratica che “genera pagine e utenti in realtà inesistenti” e “ha provocato anche l’erogazione a vuoto di banner pubblicitari sulla homepage del Corriere della Sera e di preroll, gli spot video, su Corriere Tv”. Alla richiesta di spiegazioni, Rcs ha negato ogni addebito: “Non c’è stato nulla di fraudolento da parte nostra”, è la dichiarazione ufficiale riportata da Wired. “Abbiamo comprato traffico in modo trasparente per far conoscere il prodotto. Il fornitore Tradedoubler ha deciso a nostra insaputa di accelerare l’erogazione nei giorni di Pasqua. Quando ci siamo resi conto che non si trattava di quel che avevamo concordato abbiamo interrotto la fornitura”. Il gruppo aggiungeva che “la quantità di impression è stata comunque minima, inferiore al 3 per cento del totale. Numerosi altri editori”, la precisazione finale, “si affidano a questi strumenti” (ilfattoquotidiano.it non lo fa, ndr). Quanto all’ad Pietro Scott Jovane, secondo l’azienda “trattandosi di un tema di marketing l’amministratore delegato non era a conoscenza dell’accaduto”. Alessandro Bompieri, direttore generale media del gruppo, aveva poi segnalato che “rispetto ai dati di accesso al sito nel mese di aprile, le impression totali generate da quella campagna sono state tra i 2 e i 3 milioni, un dato ben poco significativo se confrontato con i circa 740 milioni di page views nel mese”.

Spiegazioni che non hanno soddisfatto la redazione, che nel comunicato parla di “sconcerto e indignazione” non solo per la ricostruzione giornalistica ma anche per “le dichiarazioni attribuite a Rcs Mediagroup”. “È noto che pratiche di cosiddetto «web marketing», cioè di promozione e acquisizione di volumi aggiuntivi di traffico, siano correnti anche in Italia”, scrive poi il sindacato interno del Corriere (comitato di redazione). “Ma un conto è intercettare contatti aggiuntivi ed effettivi, un conto è gonfiare fraudolentemente i volumi di traffico”. Di qui la richiesta all’azienda di un “chiarimento formale”, anche per difendere “il buon nome, la reputazione, il lavoro, lo spirito di sacrificio dei giornalisti del Corriere della Sera“, che non può, “come purtroppo sta avvenendo in queste ore, diventare bersaglio del web e dei social network”. Segue un attacco contro “i continui errori di comunicazione dell’amministratore delegato”, che “in una recente intervista ha sostenuto che Repubblica.it (il diretto concorrente, ndr) sarebbe il benchmark, cioè il modello di riferimento del Corriere.it“. 

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