Tra i cuscini profumati e gli specchi anti appannamento del Portogallo, le vasche idromassaggio giapponesi e gli schermi ultrapiatti dei cileni, la richiesta ecuadoriana appare tra le più sensate. La nazionale di Reinaldo Rueda ha preteso dalla direzione dell’hotel che li ospiterà in Brasile un casco di banane andine al giorno da dividere tra i giocatori. I platanos combattono i crampi, aiutano il sistema nervoso e danno energia all’organismo. Ne ha un gran bisogno l’Ecuador, la squadra con meno talento tra le sudamericane in gruppo, che proverà a sopperire con gambe e polmoni.

L’Ecuador ha costruito la sua qualificazione ai mondiali in casa. Durante le qualificazioni nessuno ha vinto ai 2800 metri dello stadio di Quito, intitolato all’ultimo sovrano Inca Atahualpa. In trasferta hanno ottenuto solo tre punti, che sommati alle sette vittorie a domicilio sono stati però sufficienti a staccare il ticket per Rio otto anni dopo gli ottavi di finale in Germania. Ora sperano di risultare invulnerabili anche sui mille metri di altitudine dell’altopiano di Paranà: qui, a Curitiba, il 20 giugno giocheranno la sfida decisiva con l’Honduras. Certo, occorre fare punti con una tra Svizzera e Francia, ma tutto sommato il sorteggio del girone E poteva andare peggio.

L’anello debole della catena è quello arretrato, dove per anni il posto da titolare di Ivan Hurtado e Giovanny Espinoza non è stato messo in discussione. Ora i due si sono ritirati e la squadra si ritrova con una difesa inaffidabile: durante il girone di qualificazione otto persone si sono alternate nei due ruoli di difensore centrale senza mai trovare la giusta combinazione. Non stupisce che faccia parte della spedizione Segundo Castillo, mediano di 32 anni. Pochi giorni fa è stato protagonista di un terribile infortunio in amichevole con il collega messicano Lucas Montes. Nell’impatto l’avversario ci ha lasciato tibia e perone, lui è uscito con una lesione del crociato anteriore e tre settimane di stop. Ma Castillo è stato comunque convocato e sarà fatto un tentativo per un recupero flash, quello negato a Giuseppe Rossi e Radamel Falcao.

A mister Reinaldo Rueda, d’altra parte, l’imbarazzo della scelta è stato risparmiato. Il ct, che ha convocato 15 giocatori che arrivano dai campionati esteri, negli ultimi anni è diventato un eroe ovunque sia andato. Lo acclamano i rivali dell’Honduras, che quattro anni fa in Sud Africa portò fino alla fase finale dei Mondiali. Lo adorano in Ecuador, dove ha rifondato con quattro soldi un movimento calcistico lasciato in macerie dai predecessori. Parla poco Rueda, ma i suoi studi maniacali della tattica avversaria hanno sempre dato frutti. E pensare che non ha mai giocato a calcio e la sua carriera non sembrava promettere più che una cattedra da docente di educazione fisica in una scuola di Cali. Una curiosità: assieme a Luis Suarez, suo sostituto sulla panchina dell’Honduras e al commissario tecnico del Costa Rica Jorge Luis Pinto compone la ricca colonia di allenatori colombiani in Brasile.

La nazionale di casa, i Cafeteros, invece è guidata dall’argentino Josè Pekerman. Le speranze dei gialloblu sono affidate all’esterno del Manchester United Antonio Valencia, che in Premier League vive di alti e bassi, ma che in patria è considerato un fenomeno. Lo affiancherà un centrocampo composto da Christian Noboa, che gioca in Russia, e dal talentuoso Jefferson Montero. Davanti spazio a Fidel Martinez soprannominato Neymar dell’Ecuador, forse più per il taglio di capelli in stile moicano che per la rapidità dei movimenti. Qualche garanzia in più è data da Felipe Caceido, che dopo anni nei campionati europei ora si sta costruendo un futuro di lussi a Abu Dhabi. Indosserà la maglia numero 11, per anni proprietà di Christian Benitez che prima di lui aveva compiuto la scelta di emigrare negli Emirati. Il Chucho, figlio del mito del calcio locale Ermen, ha realizzato 24 gol in 58 partite con la maglia dell’Ecuador. Un anno fa un infarto se lo è portato via nella sua casa di Doha.

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