ExpogateExpo resta, malgrado scandali, ritardi e acciacchi, una promessa di futuro: lo sviluppo di Milano – dicono – passa da lì. Le magnifiche sorti e progressive sono appese all’esposizione universale 2015 che dovrà portare ricchezza e benessere alla città e, chissà, all’Italia intera.

Qualcuno sogna che possa essere il punto di svolta, la sirena che annuncia la fine della crisi. Speriamo che vada davvero così. Peccato che i numeri, i duri numeri dell’economia, dicano tutt’altro. Lo studio annuale della Banca d’Italia dedicato alle economie regionali segnala che a Milano e in Lombardia le cose non vanno per niente bene e che la crisi non è affatto finita. La locomotiva del Paese ha i motori imballati. La produzione industriale è cresciuta soltanto dello 0,6 per cento nel primo trimestre del 2014 rispetto al trimestre precedente (nel 2013 però era meno 0,1). Dal 2007, anno d’inizio della crisi, la produzione è crollata di ben 12 punti. La ricchezza espressa dal Pil è caduta di 5 punti. E non consola che nel resto d’Italia sia andata peggio (meno 8 punti). In calo anche l’export: meno 0,1 per cento. Aumentano le procedure fallimentari: più 12,4. Diminuiscono i crediti concessi dalle banche: meno 4,8.

La disoccupazione continua a crescere: nei primi tre mesi dell’anno i milanesi con un lavoro sono lo 0,2% in meno, dopo che nel 2013 è stata raggiunta la quota dell’8,7%, record dagli anni Novanta. I giovani sono sempre i più penalizzati. Nel 2014 gli occupati sotto i 35 anni sono calati di un altro 5 per cento, così dal 2008 a oggi il calo è del 22,8. In tutta Italia, del resto, i senza lavoro tra i 24 e i 35 anni sono il record negativo in tutta Europa.

Per contro, i settori d’eccellenza di Milano e della Lombardia, i loro punti di forza, sono – secondo Bankitalia – università, finanza e biotech. Gli atenei lombardi continuano ad attirare studenti anche da fuori regione e addirittura da fuori Italia. È apprezzata la ricerca, soprattutto in campo medico, matematico ed economico. Milano resta capitale della finanza, malgrado il settore sia stato duramente provato dalla crisi. Le biotecnologie funzionano e quelle lombarde sono un terzo delle aziende biotech italiane, con il primato anche nel numero delle domande di brevetto internazionale.

Se dunque questi sono i numeri, salvo svolte repentine, la ripresa non è dietro l’angolo. L’Expo non sarà l’evento salvifico capace di portare soldi e sviluppo a Milano e all’Italia. Del resto, le previsioni dei visitatori e delle entrate appaiono ampiamente sovrastimate.

Tutto ciò senza tirare in ballo, per una volta, la corruzione, le gare truccate, le tangenti, le inchieste giudiziarie, le infiltrazioni mafiose, gli arresti. Restiamo ancorati ai freddi dati economici: Milano e la Lombardia restano le aree più ricche d’Italia, ma sembrano essere ancora impantanate in un declino da cui non sarà facile né immediato riprendersi. C’è qualcuno che ragiona su questi dati di fatto e cerca strade alternative, tenta progetti di rilancio?

In questi chiari di luna, dovrebbe essere ripensato anche – anzi, soprattutto – il dopo Expo. Se università, ricerca e biotech sono i punti di forza di questa parte del Paese, forse varrebbe la pena di puntare su questi settori, oltre che sul tema dell’evento, e cioè l’alimentazione, le colture e le biodiversità. Invece di rimanere prigionieri del vecchio schema immobiliaristico ed essere costretti, finito l’evento, a edificare volumetrie imponenti (e ci sarà mercato per assorbirle?) per far quadrare i conti, dopo aver speso 160 milioni di denaro pubblico per acquistare l’area: questo è il vero peccato originale di Expo, perfino più grave, se possibile, delle tangenti e delle gare truccate.

@gbarbacetto

Il Fatto Quotidiano, 5 giugno 2014

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