“Finora pochissime delle riforme suggerite dalla Commissione europea, come la rimozione degli ostacoli alla concorrenza e la riduzione dei costi di fare impresa o il miglioramento dell’efficienza dell’amministrazione pubblica, sembrano essere nell’agenda a breve termine del governo”. Il giudizio tranchant è dell’agenzia di rating Standard & Poor’s, che lo scrive nero su bianco in un rapporto intitolato “Il settore corporate italiano: un percorso difficile per recuperare redditività e competitività“. La frase sembra una diretta smentita delle parole del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Che, dopo la brutta “pagella” arrivata da Bruxelles, aveva sostenuto che la Commissione “esprime un forte apprezzamento per l’Agenda di riforma 2014” il cui “preciso e serrato cronoprogramma definisce la strategia del governo e lo impegna rispetto alle scadenze”. Sottolineando anche che le stime Ue sul debito sono più alte di quelle del governo solo perché non tiene conto di alcune voci relative a “minori spese” e “maggiori introiti”.

Per l’agenzia possibili “misure di consolidamento fiscale” per raggiungere gli obiettivi – Gli analisti di S&P raccontano una storia diversa. Cioè, appunto, che rispetto a molte delle raccomandazioni arrivate da Bruxelles l’Italia è tutt’altro che sulla buona strada. In molti casi non ha mosso nemmeno un passo. Tanto che, nonostante sia “probabile che la ripresa economica in Italia acquisti slancio nel 2014 grazie alle misure di stimolo del governo, come il taglio delle imposte sul reddito e il rimborso dei debiti arretrati verso le imprese”, “la mancanza di riforme strutturali e il pesante debito pubblico limitano gli effetti” di questi interventi. Non solo: “Dato che l’inflazione è stata inferiore di quanto stimato, riteniamo possibile – scrivono i tecnici – che il governo possa varare misure di consolidamento fiscale più forti per raggiungere gli obiettivi di indebitamento“. Cioè nuove tasse. E “questo ovviamente avrà ripercussioni sull’attività economica”.

Padoan: “Io l’ho preso come un incoraggiamento” – La risposta di Padoan (pur senza riferimenti diretti a S&P) è arrivata a stretto giro: parlando nel corso di un incontro con la stampa estera il ministro ha ammesso che “il bicchiere, mezzo pieno o mezzo vuoto, si può leggere in maniera diversa”, e “io l’ho preso come un incoraggiamento“. Padoan ha anche avvertito che “non si può continuare a ignorare la dimensione qualitativa delle riforme e fermarsi allo zero virgola”, perché ridurre il debito è “indispensabile”. Poi la difesa delle misure messe in campo dal governo per tamponare la sua crescita. A partire dalle privatizzazioni: “Ci sono già Poste, Enav, e ce ne saranno altre da qui alla fine dell’anno: noi abbiamo messo nel Def una stima approssimativa dello 0,7% del Pil per i prossimi anni e riteniamo che quella cifra sia tuttora valida”. 

Per le aziende italiane “percorso difficile” – Lo studio di S&P si concentra poi sullo stato di salute delle aziende italiane. Analizzandone 2.400, l’agenzia arriva alla conclusione che nel 2013 la loro redditività è scesa al 4,2% contro il 6,5% dei concorrenti europei, con una leva finanziaria a 3,6 volte l’Ebitda rispetto al rapporto di 2,8 delle imprese del resto dell’Ue. Per questo S&P afferma di “ritenere probabili significative ristrutturazioni degli attivi e consolidamenti per rafforzare la redditività ai livelli della concorrenza europea”. Questo, spiega l’analista di S&P Renato Panichi, potrebbe aiutare soprattutto le pmi “a supportare lo sviluppo del business e migliorare la competitività sui mercati internazionali”.

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