Per difendere il made in Italy, “stop all’import del grano saraceno“. La gaffe la firmano i deputati del Movimento 5 stelle che in una loro proposta di legge del luglio 2013 contro la contraffazione agroalimentare avevano scritto: “La pasta venduta in Italia è prodotta per un terzo con grano saraceno”. Si sono giustificati dicendo che era solo un refuso: “Volevamo scrivere ‘straniero'”. Ma non solo: come ammesso dal primo firmatario Filippo Gallinella, i deputati hanno copiato da un vecchio testo già depositato da altri. L’espressione compare infatti nella “Relazione sulla contraffazione nell’agroalimentare” presentata nel 2011 dagli onorevoli Giovanni Fava (Lega Nord) e Luca Sani (Pd). “Le stime di Coldiretti”, si legge, “evidenziano come almeno un terzo del fatturato suddetto sia raggiunto con materie prime di importazione e testimoniano che quasi tutti i prodotti sono rivenduti con l’immagine del nostro paese. Ad esempio un terzo della nostra pasta, venduta in Italia, è fatta con grano saraceno“. Peccato che il grano saraceno (nome scientifico Polygonum fagopyrum) è da secoli ampiamente coltivato in Italia, dove si usa per produrre specialità come la polenta taragna o i pizzoccheri della Valtellina.

E l’errore scatena la rete: tante le battute e le ironie su twitter e i social network sull’ignoranza dei parlamentari. “Ebbene sì”, hanno specificato in una nota i deputati M5S della Commissione agricoltura, “c’è stato un ‘refuso’ nella nostra proposta di legge sulla contraffazione alimentare. L’avevamo segnalato agli uffici della Camera ormai un mese fa ma niente da fare: ovunque ci state sottolineando che il #granosaraceno non rovina il made in Italy. E certo, la parola giusta in quella frase è ‘straniero’ non saraceno. Ma a noi piace – aggiunge – guardare i lati positivi: e ovunque si sta parlando della nostra bellissima proposta di legge, che siamo convinti vada nella direzione giusta per la tutela del settore e per questo ci auguriamo che presto sarà calendarizzata e discussa”.

 




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