I risultati saranno ufficializzati non prima di domenica ma i dati provvisori di queste elezioni presidenziali confermano quello che era già scontato da mesi, la vittoria di Abdel Fattah Al Sisi. Secondo quanto riportato dal giornale di stato Al-Ahram, l’ex capo delle forze armate avrebbe vinto con il 96,6% delle preferenze.

All’unico sfidante, il socialista nasseriano Hamdeen Sabbahi restano le briciole, un misero 3,3%, dato inferiore anche al numero delle schede nulle. Ma il vero dato protagonista di queste elezioni resta l’affluenza che in questi giorni è stato il cruccio più grande delle autorità egiziane. Al momento la percentuale diramata dalle fonti governative è tra il 38 e il 59% ma in molti sono a chiedersi se questo numero non sia stato “gonfiato” per aiutare la legittimazione del nuovo presidente che di fatto, anche se dietro un governo civile, guida il paese dalla scorsa estate. I seggi in questi tre giorni di voto hanno raramente visto elettori attendere più di 15 minuti per votare. Anche al Cairo, roccaforte laica e vicina ai militari, le cabine elettorali sono rimaste semideserte.

Intanto, gli osservatori indipendenti forniscono cifre ben diverse, per esempio, il centro Takamol Masr sostiene che l’affluenza si aggirerebbe tra il 10% e il 15%. Il governo in questi giorni ha tentato in maniera disperata di invitare gli egiziani a votare. Le urne sono rimaste aperte un giorno in più mentre i media si sono impegnati in una campagna martellante per evitare che gli elettori rimanessero a casa. L’opinione diffusa tra gli analisti è che sarà difficile verificare la reale affluenza a causa anche della mancanza dei rappresentanti di lista dei Fratelli Musulmani – dichiarati organizzazione terroristica dal governo – che in tutte le elezioni del dopo rivoluzione avevano svolto il monitoraggio più completo e affidabile.

La campagna di Sabbahi due giorni fa, dopo la decisione di prolungare la votazione, aveva parlato di emergenza democratica, un’alzata di voce che è stata immediatamente dimenticata. L’Unione Europea, che ha monitorato con 150 osservatori le elezioni e ha presentato oggi il suo rapporto preliminare, sembra aver tralasciato l’”anomalia” dell’estensione delle giornate di voto e non ha posto nessun dubbio sull’affidabilità delle percentuali di affluenza diramate da autorità e media di governo. Ma tra gli oppositori del presidente, tra cui i Fratelli Musulmani, c’è già chi parla del declino della Sisi-mania, riferendosi alla grande ondata di popolarità che l’ex federmaresciallo aveva conquistato lo scorso luglio dopo la deposizione del presidente islamista Mohammed Morsi.

Resta però il fatto che prima del voto nessuno avrebbe pensato a un astensionismo così alto. I numerosi volantini con il volto di Sisi e gli egiziani scesi in strada ad acclamare l’ex federmaresciallo anche durante le votazioni, sembrano aver creato un’illusione ottica che ha deviato analisti e giornalisti sulla reale quantità di egiziani che non vogliono la restaurazione militare. Così a causa della dura repressione contro qualsiasi forma di dissenso, astenersi è rimasto l’unico modo di fare opposizione, in particolare per quell’ampia parte di elettorato che dopo la rivoluzione ha votato partiti di ispirazione islamica. Analizzando i dati delle elezioni del 2012 vinte da Mohammed Morsi, la percentuale di egiziani che al primo turno avevano scelto di votare per un candidato di ispirazione islamica era stata circa del 42% (25% per Morsi e poco più del 17% per l’ex membro della Fratellanza, Aboul Fotouh).

Il peso di questa parte di elettori, che difficilmente può aver spostato in massa il proprio consenso verso Sisi, può aver incrementato in maniera significativa l’astensionismo. “È importante per il governo affermare che Sisi sia stato eletto con un’alta affluenza”, afferma Gennaro Gervasio, docente della BUE (British University of Cairo). “Ammettere un’alta percentuale di astensionismo smentirebbe l’immagine di propaganda che regime e media danno dal 3 luglio, cioè un Egitto compatto dietro Sisi e contrario ai Fratelli Musulmani”.

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