“Noi come Stato non abbiamo saputo proteggere Marco Biagi, questo è il dato reale. Non abbiamo ormai solo il dovere della memoria, ma abbiamo il dovere della verità”. Lo ha affermato il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, intervistato a Sky Tg24, in riferimento alle indagini della magistratura sulla decisione dell’allora titolare dell’Interno Claudio Scajola di revocare la scorta al giuslavorista, ucciso il 19 marzo 2002 da un agguato delle Brigate rosse sotto la propria casa a Bologna. Alfano ha aggiunto comunque che è “sempre difficile la vicenda della gestione delle scorte, perché se ne dai troppe ci si indigna e se ne dai troppo poche metti a rischio le persone”.

L’inchiesta della Procura di Bologna, al momento contro ignoti, deriva anche da documenti sequestrati nell’inchiesta sul conto dell’ex ministro Scajola. L’ipotesi di reato su cui è stata riaperta l’inchiesta archiviata sui comportamenti omissivi di funzionari di Stato nella revoca della scorta a Biagi è omicidio per omissione. 

A rincarare la dose è anche l’ex magistrato Giuliano Cazzola (Ncd), che guidò le prime indagini sull’omicidio del giuslavorista, assieme al sostituto procuratore Antonello Gustapane, oggi titolare del nuovo fascicolo. “Scajola lo sapeva secondo me”, dice Cazzola intervistato dal Corriere di Bologna. “Dalla lettura degli atti risultò chiaro anche a noi che Scajola fosse consapevole dei rischi che correva Biagi, per il ruolo che svolgeva e per le minacce che aveva denunciato. Lo informarono uomini politici molto vicini al professore”.

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