Democrazia e frappuccino. La nuova frontiera della partecipazione passa nell’allestire un seggio elettorale dentro una caffetteria Starbucks. Oggi l’Olanda è chiamata al voto per l’elezione dei suoi 26 europarlamentari e dato che la normativa elettorale consente di esercitare il diritto in qualunque seggio della città (ed il qualunque seggio può essere in qualunque luogo), mi sono fermato questa mattina presso quello allestito all’interno della stazione. Che dalle indicazioni  pensavo fosse “accanto” a Starbucks, non al suo interno. E invece mi sbagliavo: la cabina, nuova di zecca, era proprio li, tra una vetrinetta di muffin e la pubblicità del frappuccino.

Dai 17 euro per il comizio di chiusura dei partiti, per la campagna elettorale per le amministrative di marzo, ai tanti altri appuntamenti con la politica (a pagamento) il rapporto degli olandesi con la democrazia può essere visto con brivido (prossimo al raccapriccio) da parte dei sud-europei. Pagare per assistere ad un comizio? (in Italia al massimo sono i politici a dover pagare cene o aperitivi, per convincere la gente ad ascoltarli). Esercitare l’ultimo diritto ancora gratuito (il voto) proprio all’interno di uno dei templi (simbolici) del consumismo del III millennio?

Comunque la si veda, votare da Starbucks, chiude simbolicamente il cerchio della campagna elettorale olandese più piatta ed irrilevante degli ultimi anni (parole della stampa locale): iniziata, praticamente, la scorsa settimana è stata condotta talmente sotto voce da non aver lasciato praticamente tracce. I primi a non accorgersene, infatti, sono stati proprio gli elettori;  alle 15.30, secondo il sito Nu.nl l’affluenza era appena del 19%; sarà massiccia se andrà sopra il 40% ma gli osservatori considerano un successo se arrivasse al 35%. In pratica, agli olandesi, dell’Europa non importa poi cosi tanto.

Non importa a Wilders, forse il più internazionalista di tutti; lo si sente solo parlare di Marocco, Turchia, paesi arabi, Bulgaria e Romania. Mai una volta che parli di Olanda. Importerebbe abbastanza al D66, il partito lib-lab che contesta al PVV di Wilders lo scettro di primo partito, troppo occupato però a consolidare gli equilibri politici interni (nulla a che vedere con l’Europa). Importa al VVD, il partito conservatore del premier Mark Rutte, per confermare la sua posizione all’interno del tandem di larghe intese con i laburisti, nonostante la sua campagna elettorale sia stata un fiacco appello (semi)antieuropeista: che l’UE si limiti ai propri 4 o 5 compiti e per il resto non interferisca con la politica interna degli stati, ha detto in televisione. Punto.

La novità è che Rutte si è scoperto euroscettico, per cercare di strappare voti a Wilders, pur dalla sua posizione all’interno dell’ALDE, forse il gruppo parlamentare più euro-entusiasta a Strasburgo. Alla chiusura dei seggi, le autorità olandesi si sono impegnate a non divulgare i risultati, per non condizionare il voto di domenica nel resto d’Europa (tranne l’Inghilterra che vota domani): il sito populista Geenstijl, ha lanciato un appello agli elettori affinché accorrano ai seggi, dove lo spoglio sarà pubblico, per cercare di ricostruire i risultati già da domani (a quanto pare, non sarebbe contrario alla legge). E’ l’ultima chance per far parlare di questa tornata elettorale, oltre -ovviamente- al seggio da Starbucks. Speriamo funzioni.

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