Una battaglia a colpi di comizi, sul filo del voto. Trova il suo crocevia a Firenze la disputa elettorale fra Renzi e Grillo. La città del premier, ormai ex sindaco, si prepara ad ospitare in tre giorni i due leader. In testa le europee, con la sfida lanciata dal comico genovese al Partito Democratico, ma anche le amministrative. Perché qui Renzi ha già governato: e se c’è chi vuol rivendicare i risultati raggiunti, dall’altra parte del campo si punta a denunciare le contraddizioni di una politica considerata tutt’altro che nuova.

Si parte mercoledì 21, con l’arrivo di Beppe Grillo nella “tana del lupo”. Piazza Santissima Annunziata si annuncia stracolma – con l’arrivo di attivisti e simpatizzanti da tutta la regione – in una giornata che nel pomeriggio prevede anche una tappa livornese. Sul palco fiorentino, oltre a Grillo, ci saranno Alessandro Di Battista, il più in vista dei parlamentari a cinque stelle, e Alfonso Bonafede, deputato fiorentino di adozione, oltre alla candidata a sindaco Miriam Amato. La scelta di puntare su Firenze non è casuale: non solo la città di Renzi, ma anche il simbolo dell’assalto alle roccaforti rosse. Da queste parti i democratici iniziano a temere che, in alcuni comuni con oltre 15mila abitanti, potranno dover accettare il ballottaggio, proprio contro i grillini. Un’impresa che il centrodestra quasi mai è riuscito a compiere nelle “Stalingrado” della Toscana.

Renzi, dal canto suo, non ha nascosto le carte: venerdì 23 chiuderà la campagna elettorale del Pd nella città che gli ha garantito il trampolino di lancio verso Palazzo Chigi. Per l’occasione (e per tutta l’ultima settimana di campagna) l’amministrazione, dopo la richiesta formulata dal Partito democratico, ha appositamente riaperto nientemeno che piazza Signoria alle manifestazioni elettorali, inclusa fino a ieri in una lista di luoghi storici inaccessibili alla propaganda. Una decisione che ha mandato su tutte le furie le altre forze politiche. Molti candidati a sindaco hanno chiesto a loro volta la piazza, scontrandosi contro un netto rifiuto: “Il Pd è stato il primo a richiederla”, la motivazione addotta.

Così la piazza sarà non solo teatro del comizio finale di Renzi, ma anche inaccessibile ai banchini delle altre forze. Le autorità locali, infatti, hanno preferito evitare sovrapposizioni, proprio per scongiurare situazioni conflittuali. Una scelta che potrebbe sfociare venerdì in proteste o dimostrazioni. L’unico presidio autorizzato sarà quello della lista Galli, l’ex portiere che cinque anni fa sfidò proprio Renzi candidandosi a sindaco: oggi appoggia il candidato sindaco del centrodestra Marco Stella. Avevano chiesto un gazebo, gli verrà concesso un banchino. E in una posizione molto defilata. Ma loro non si scoraggiano e vanno avanti nella loro campagna che definiscono di “Davide contro Golia”.

I democratici, insomma, sembrano molto determinati a fare di piazza Signoria il teatro della persuasione finale pro-Renzi. Tant’è che è molto intenso il tam tam che richiama alla mobilitazione da tutta la Toscana per fare il pienone. Nei giorni scorsi il Pd aveva addirittura inviato una mail per chiedere ai segretari dei circoli di tutta la provincia fiorentina di garantire un determinato numero di partecipanti, per arrivare ad almeno 8.000 persone. Una scelta che ha creato malcontento in qualche paese, specie fra i pochi rimasti scettici su Renzi. Ma alla fine il “senso di responsabilità” prevarrà: difficile prevedere che ci sarà una diserzione fra i militanti.

E’ comunque palpabile la tensione e l’attenzione a non sbagliare: Renzi chiuderà la campagna a Firenze, città che rappresenta il suo modello. Ma la scelta va vista anche in chiave locale, a sostegno del candidato sindaco Nardella – fedelissimo legato a doppio filo a Renzi – sotto assedio non solo dall’ondata grillina, ma anche dalla candidata civica Cristina Scaletti (che punta a raccogliere i delusi, soprattutto del Pd) e da quello della sinistra Tommaso Grassi, oltre che dal centrodestra. E non è un caso che in aiuto al candidato democratico, negli ultimi giorni della campagna, sia arrivato il gotha renziano, a partire dal Ministro Maria Elena Boschi. Perché se l’operazione Nardella dovesse fallire nei piani del premier si creerebbe un’importante crepa.

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