L’omofobia sottile – quasi inconsapevole – di una moderna famiglia italiana che separa una ragazzina, la nipote, da uno dei suoi due padri gay, dopo la morte dell’altro. L’omofobia tradizionale perbenista a Zurigo negli anni 60, quando viene allo scoperto la vita omosessuale attorno al riservato circolo Der Kreis. L’omofobia condannata da Obama e Ban Ki Moon e tuttavia manifesta, offensiva e attivistica  fino al linciaggio, nella Nigeria di questi mesi.

In pochi giorni le ho incontrate e confrontate. La straordinaria coppia di 84 enni Ernst e Robi alla cui gioventù a Zurigo è ispirato il film vincitore del Torino gay Lesbian Film Festival dice che non si sarebbero mai aspettati – almeno fino all’inizio del millennio – di arrivare a sposarsi. Di passare in pochi anni dal tentare di negare alla polizia di conoscersi, fino al riconoscimento pubblico con tanto di sindaco. Non era proibita la omosessualità in Svizzera negli anni 50/60 ma per un insegnante era d’obbligo tenersi nascosto. Quasi tutti si sposavano e tenevano nascosta la seconda vita alle mogli. Dunque il mondo è migliorato?. “Certamente, ma i progressi non sono consolidati e irreversibili, si va anche indietro come in Africa e in Russia”.

Della  persecuzione anti-gay in Nigeria si parla poco ma i problemi in quell’enorme paese africano non derivano solo dai musulmani. Cominciano ad arrivare nel nostro paese i primi nigeriani che chiedono asilo o almeno protezione umanitaria perché le relazioni omosessuali, da loro, possono portare fino a 14 anni di galera. Una  legge nuova, una campagna anti-gay nuova e in corso. Nell’ambito della loro produzione cinematografica, Nollywood, è nato uno dei pochi nuovi film al mondo (forse l’unico) dedicato  ai gay ma per denigrarli. Si chiama Law 58.

Amico di amici conosco il giovane K., espatriato, anzi direi fuggito, prima in Libia poi in Italia. La  prima volta dice che la situazione in Nigeria è insostenibile perché, se ti beccano, il problema non è il carcere, ma il linciaggio che puoi subire prima che ti portino via. Ha poca voglia di parlare della sua vita prima di emigrare. Non era povero, si è fatto il viaggio dei passatori del deserto per andare in Libia, e dopo alcuni mesi di lavoro in Libia si è convinto a  tentare l’Europa. Col barcone. La seconda volta parla molto di più, in un inglese nigeriano stretto. C’è vita omosessuale anche in Nigeria, come no. Molto mercenaria, però. “Se  sei del governo, se sei ricco non ti succede niente, sono la gente normale e i poveracci a rischiare.”Botte, carcere, emarginazione a vita”. 

Ho letto anche, negli stessi giorni, il bel libro “Sei come sei” di Melania Mazzucco, gran ritratto italiano, grande storia d’amore tra un padre e la figlia, separati dopo la morte di quello che era stato (per sorteggio, per caso) il padre biologico. Non c’è  mai una rottura, una presa di punta, ma sostanzialmente la famiglia del padre biologico è complice della sentenza che affida la bambina allo zio ignorando l’altro padre, che per la legge italiano non risulta. Nel libro della Mazzucco non si calca la mano, ma l’omofobia italiana di oggi è raccontata nei suoi due aspetti principali: bullismo dei giovanissimi, e conseguenze psicologiche del non riconoscimento delle famiglie gay. Tutto un altro mondo rispetto a quello dei nigeriani che scappano da un paese dove dopo la nuova legge stanno aumentando gli “homeless gay“. Ma  il mondo, non dimentichiamolo, è uno solo. Nelle  strade delle nostre città passano insieme, senza saperlo, persone che  affrontano diversi tipi di omofobia e che hanno sviluppato diversi anticorpi per cercare di vivere al meglio.

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