Nel mondo dell’informazione accade anche questo: che uno dei quotidiani principali del paese, e non certo di orientamento leghista o xenofobo, cioè il Corriere della Sera, pubblichi un articolo a firma di Aldo Cazzullo contro l’operazione Mare Nostrum, in seguito all’ultima strage, che di vero ha solo la premessa:  la situazione è insostenibile e Lampedusa è al centro di una vera e propria crisi internazionale. Da questa constatazione di partenza il ragionamento del giornalista si svolge così: “Salvare i naufraghi è un dovere, ma non basta. Bisogna chiudere la rotta di Lampedusa. La carità va sempre praticata ma la dignità non è un valore meno importante e il divario tra Nord e Sud del mondo non si colma salendo su un barcone, mettendo la propria vita e quella dei propri cari nelle mani degli scafisti […] per approdare in un mondo che va dalla Sicilia alla Scandinavia che è certo infinitamente ricco, ma che in questo momento non ha bisogno di manodopera (anzi ha un eccesso di manodopera).

Insomma, secondo l’editorialista “la dignità di un profugo non può essere affidata a un mercante di schiavi, e quindi, “anche se ovviamente non si tratta di rimpiangere Gheddafi e i suoi aguzzini”, la soluzione è fermare la rotta di Lampedusa, “non sbarrando la porta nell’ultimo miglio ma chiudendola sulle coste da cui parte il traffico di vite umane”. Colpiscono in questo articolo, che certamente susciterà la reazione di tutti coloro che si occupano di immigrazione, sia l’assoluta ignoranza sui problemi reali che riguardano i flussi migratori sia, soprattutto l’incredibile naiveté,quando si invoca la dignità delle famiglie che migrano. Perché se queste famiglie, che il giornalista sembra quasi colpevolizzare per la scelta, decidono di rischiare la vita sui barconi, dopo traversate atroci nel deserto che sono ancora peggio del passaggi in mare, di certo lo fanno per un solo e unico motivo: scappare da una situazione ancora più atroce di quella che trovano sulle carrette, e del deserto e dei barconi. Situazioni di guerra dove la famosa dignità invocata è carta straccia, visto che si tratta solo di sottrarre se stessi e i propri figli, i propri cari, appunto, da persecuzioni, torture e conflitti armati. Come soluzione l’autore invoca “una politica molto più ambiziosa rivolta a stabilizzare i nuovi governi nordafricani e a costruire con loro partnership e accordi seri”. Bene: ma mentre si attendono accordi politici e partnership, magari fra anni, cosa accade a quella povera gente che, come ha ben raccontati Giuseppe Catozzella nel suo libro Non dirmi che hai paura, sono  le vittime del nuovo Olocausto dei nostri tempi?

Sarebbe bastato a Cazzullo parlare pochi minuti con chi conosce molto bene i problemi migratori per capire che le soluzioni a ciò che sta accadendo sono mille miglia lontane da ciò che lui propone, come ci ha spiegato ad esempio con gentilezza e preparazione Grazia Naletto dell’associazione Lunaria. Sul problema delle persone che arrivano via mare, e che quasi sempre richiedono asilo politico, il primo urgente intervento sarebbe la modifica della Convenzione di Dublino III, che prevede che il diritto di asilo si possa chiedere solo nel primo paese in cui si arriva (è la ragione per cui molti immigrati fuggono e non vogliono essere identificati, così da raggiungere paesi dove l’accoglienza è migliore della nostra). In questo modo, il carico di accoglienza verrebbe distribuito tra i diversi paesi  europei, che comunque accolgono un numero di rifugiati ben superiore al nostro.

Il secondo grosso intervento riguarderebbe invece il tema del permesso di soggiorno e del lavoro di chi arriva. Se infatti – esattamente il contrario di quanto viene sostenuto – si investissero le risorse che abbiamo non nei respingimenti (controllo frontiere, centri di accoglienza e identificazione, rimpatri e via dicendo), consentendo a chi entra nel nostro paese di avere un permesso di soggiorno temporaneo come persona in cerca di lavoro senza diventare automaticamente clandestino appena sbarcato (da questo punto di vista l’abolizione del reato di clandestinità ha un valore soprattutto simbolico, più che concreto) le cose finalmente cambierebbero: perché non servirebbero inutili decreti flussi che  prevedono che chi arriva debba essere già dotato di un permesso di lavoro, come se una famiglia italiana possa scegliere una persona per assistere i suoi parenti o figli senza neanche conoscerla (e infatti spesso le richieste sono inferiori alle quote, la maggior parte entra per forza illegalmente).

Né servirebbero le cosiddette sanatorie una tantum (evidentemente necessarie visto che i lavoratori immigrati sono necessari, altro che), mentre tutte le risorse risparmiate potrebbero essere utilizzate in politiche di integrazione delle persone che arrivano, che aiuterebbero sia le famiglie immigrate, sia i cittadini italiani, favorendo la coesione sociale, oltre che sviluppo economico. La cultura dei respingimenti e dell’emergenza, in assenza di un Piano nazionale di accoglienza urgente e pure mai arrivato, fa spendere molti più soldi  (compresi quelli che si sono pagati in questi anni, come ci spiega sempre Grazia Naletto, per alberghi sulle coste che hanno dato un’assistenza di infimo livello a costi altissimi) ed è del tutto inutile, anche perché chi è disperato continuerà ad entrare  in qualsiasi modo. Lo faremmo anche noi, nello stesso identico modo, se fossimo nelle stesse condizioni. Ma di tutto questo, forse, a via Solferino nulla sanno. 

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