Volevano ricordare il settantesimo anniversario del bombardamento di Montecassino e la distruzione dell’abbazia. Invece, la sesta tappa di questo Giro 2014 martoriato sinora dalla pioggia, dal vento e dall’asfalto viscido, verrà ricordata per due disastrose cadute in meno di trenta metri, prima dell’ennesima rotonda, quando mancavano meno di undici chilometri al traguardo. All’improvviso, un corridore sull’estrema sinistra della carreggiata salta per aria, rimbalza contro un guardrail, viene travolto da chi lo segue, la caduta ha l’effetto domino, raggiunge il cuore del gruppo. Più avanti, negli stessi istanti, i corridori sono costretti a frenare perché qualcuno ha bloccato inopinatamente il lato sinistro di una rotonda: è un massacro. Qualcuno dovrà pur spiegare perché ci stava una vettura bianca a far da “muro”. Fatto sta che i ciclisti si accartocciano gli uni sugli altri, sbandate tremende, capriole, sangue. La rabbia dei corridori non resterà su quell’asfalto, poco ma sicuro. Perché il Giro è finito lì. Almeno, il Giro che avrebbe dovuto essere concentrato sulla grande sfida tra Quintana e Rodriguez. Il duello non era ancora iniziato. Joaquim “Purito” Rodriguez, infatti, ha perso sette minuti e 43 secondi. E guadagnato una forte contusione alla spalla, con probabile incrinatura di un paio di costole. Quintana se l’è cavata per il rotto della cuffia, è scivolato, ma si è rimesso in bici. Lasciando però quasi un minuto.

Nella memoria, immagini di dolore e di paura. Di angoscia per Giampaolo Caruso, immobile a terra, steso sul fianco destro mentre gli altri corridori faticosamente cercavano di rimettersi in sella e di proseguire. Per qualche minuto, l’Italia del Giro d’Italia è rimasta col fiato sospeso, con lo spavento addosso. Per fortuna Caruso, già martoriato da un’altra caduta a Belfast che gli aveva fratturato lo scafoide, si è mantenuto cosciente. Solo i primissimi del plotone sono sfuggiti alla catastrofe. Fortuna e una prudenza che invita, chi teme le imboscate della pioggia, a stare in cima al gruppo. Miguel Indurain, che era terrorizzato dalle cadute, stava sempre davanti, in cima al gruppo. Il ciclismo è sport durissimo, talvolta crudele. Spesso cinico. Mors tua vita mea

In otto si sono avvantaggiati del terremoto: Cadel Evans, spalleggiato dai compagni di squadra Steve Morabito e Daniel Oss, ha pestato come una furia sui pedali perché aveva capito che doveva sfruttare ad ogni costo l’incidente. Le cadute in serie avevano spezzato, rallentato e sparpagliato il gruppo. Con Evans, due italiani di buone speranze, Matteo Rabottini e Ivan Santaromita. Poi il belga Tim Wellens. Ma soprattutto, la tenace maglia rosa Michael Matthews, con lo scudiero Luke Durndridge. Dietro, ad inseguire gli australiani, s’impegnava sino allo spasimo il colombiano Nairo Quintana, il grande favorito, acciaccato dai ruzzoloni. Si dannava per riprendere i fuggitivi. Invano. Gli otto rollavano come furie del West. Mentre ad aiutare Nairo mancava buona parte dell’argenteria in gara: Michele Scarponi, per esempio, aveva rimediato botte e graffi, come Damiano Cunego. Rodriguez annaspava nelle retrovie, sospinto dai compagni.

Il sempre più sorprendente giovanotto di Canberra, la maglia rosa Matthews non solo teneva la ruota del più accreditato connazionale Cadel Evans ma andava a vincere la tappa con una volata secca. Quintana, Uran, Ivan Basso e Pozzovivo riuscivano a limitare i danni, beccando 49 secondi, mentre Scarponi arrivava con 1’43” di ritardo. Il Giro 2014 riparte. Tra polemiche e rammarico. Intanto, sulle strade del Gavia e dello Stelvio, neve a metri. Quasi certo che i tapponi di montagna, se continua così, saranno drasticamente limati. Che senso ha metterle in programma se poi si è costretti a cancellarle? Se basta un po’ di pioggia a seminare distastri, che ci si può attendere da pareti di neve e dal pericolo delle slavine? Il clima è cambiato ciclisticamente in peggio. Gli organizzatori del Giro dovrebbero tenerne conto e posticipare di almeno una settimana il via. Lottando con i padrini dell’Uci e con i cugini francesi che il loro Tour non l’hanno mai mercanteggiato con nessuno. 

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