“In passato Bazoli determinava le sorti di Rcs, oggi non determina più nulla. Ci stancheremmo tutti alla sua età e oggi lui è stanco morto”. È il 14 aprile e Diego Della Valle torna ad attaccare l’“arzillo vecchietto” (suo il copyright) durante la puntata di Report dedicata al gruppo editoriale del Corriere della Sera. “Andiamo su una pista da sci e vediamo”, gli risponde due giorni dopo il presidente di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli, che a dicembre compirà 82 anni. E di passare le giornate coi nipotini ai giardinetti non ha proprio voglia. Come lui, il quasi coetaneo Giuseppe Guzzetti che da 17 anni guida la Fondazione Cariplo e da 14 è il faro della lobby delle fondazioni, l’Acri. Avvocato con la passione per la politica, è il grande democristiano che insieme all’amico Bazoli non ha mai rinunciato all’idea di riequilibrare con la finanza bianca lo strapotere di Enrico Cuccia e del mondo laico. Oggi il fondatore di Mediobanca non c’è più e anche il capitalismo familiare, cui l’istituto milanese ha fatto da garante per decenni, non si sente tanto bene. Ma i due “vecchietti” Guzzetti e Bazoli sono ancora lì. Più arzilli che mai.

Manca il terzo, quel Cesare Geronzi che si è ritirato dalla ribalta finanziaria (restando però a osservare dietro le quinte) e che nel libro-intervista Confiteor, riferendosi proprio alla battuta di Della Valle, ricorda che senza il sostegno di Intesa il treno Italo (di cui mister Tod’s è azionista) “resterebbe fermo nelle officine di Nola”. Dei vecchi poteri scrive anche Luigi Bisignani nel suo romanzo “Il direttore”, dove Mauro De Blasio (ispirato a Ferruccio de Bortoli) monta uno scandalo per coprire i “delitti” del suo potente banchiere-editore, Lodovico Bogani. Che tanto ricorda Nanni Bazoli. Ogni riferimento a fatti o persone non è puramente causale. Perché oggi la battaglia su Rcs, e sulla sua direzione, è una di quelle che vede schierato il presidente di Intesa. Nel 2013, quando per la prima volta è stata messa in discussione la poltrona del direttore del Corriere, Bazoli aveva invitato tutti i soci del gruppo a una valutazione serena e a rimandare di un anno la questione del cambio in via Solferino. La strategia non è cambiata. Intesa ha alleggerito la sua partecipazione in Rcs dal 6,5 al 5,1% ma il suo presidente ha ancora un peso determinante sugli equilibri interni di quel che resta del salotto buono della Rizzoli. E Bazoli non vuole che De Bortoli venga sostituito. Almeno non ora, a ridosso delle elezioni europee. E soprattutto non prima che venga nominato il nuovo presidente della Repubblica in autunno, magari aprendo le porte del Quirinale a un altro grande vecchio che di nome fa Romano Prodi. Anche perché, nello stesso periodo, si giocherà un’altra partita importante per la finanza italiana, quella sul riassetto della governance in Mediobanca con la scadenza del cda. I decani del “sistema” non possono quindi andare in pensione senza aver lasciato tutti i salotti in ordine e apparecchiato la tavola per ospiti educati isolando quelli invece più maldestri e rumorosi.

“Il mio attaccamento alla banca è totale e mai esiterei un momento a passare la mano al primo segno di difficoltà che avvertissi nell’espletamento del mio mandato”, ha assicurato Bazoli durante l’ultima assemblea di Intesa. Come dire, decido io se e quando lasciare. Concetto ribadito, fra le righe, anche domenica scorsa quando il banchiere ha definito l’inchiesta giudiziaria sugli appalti dell’Expo “un incidente di percorso”. Aggiungendo: “Può essere un passato che ritorna ma non ha radici. Abbiamo un anno davanti a noi per dimostrare che l’Italia riesce a onorare gli impegni presi”. Perché il passato con le radici invece c’è ancora e non sta fermo. Lo sa bene anche Guzzetti che sul tavolo delle Fondazioni ha posto un obiettivo: mantenere quote piccole nelle banche e agire come attori istituzionali per l’economia. Anche attraverso il “braccio” della Cassa Depositi e Prestiti che, a differenza degli enti, ha il portafoglio gonfio di liquidità e dunque le munizioni per sostenere il sistema. Nel frattempo Guzzetti pensa anche a come tutelare gli affari della sua Cariplo. Da una parte ha deciso di affidare in gestione la partecipazione in Intesa (circa il 5%) a Quaestio Capital Management Sgr per diversificare il patrimonio e soprattutto alienare i rischi finanziari della partecipazione di cui comunque mantiene i diritti di proprietà (dividendo e voto). Dall’altra ha scommesso sul business del mattone attraverso Polaris Real Estate (di cui Cariplo possiede il 48%) che si fonderà con Beni Stabili e Investire Immobiliare (dei Nattino e Benetton) per dare vita a un mega polo con oltre 7 miliardi di euro di asset gestiti. Altro che panchine e giardinetti.

Intanto il tandem Guzzetti-Bazoli è impegnato a giocare la partita sul campo del Monte dei Paschi a fianco della presidente della Fondazione, Antonella Mansi e dei due nuovi compagni di viaggio stranieri Fintech e Btg, contro la squadra messa insieme da Alessandro Profumo e da Andrea Orcel di Ubs, compresa Mediobanca che è nel consorzio di garanzia dell’aumento di capitale da 5 miliardi. Assicurata la sopravvivenza all’ente senese, ora in palio c’è il governo societario della banca. I Cocoon della finanza sono pronti.

Da Il Fatto Quotidiano di mercoledì 14 maggio 2014

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