Today we present observational evidence that a large sector of the 

West Antarctic ice sheet has gone into irreversible retreat. 

It has passed the point of no return.”  

Eric Rignot, University of California, Irvine

 

This is really happening.

There’s nothing to stop it now.

Thomas P. Wagner,  NASA

 

Il pianeta terra non ha sempre avuto un polo nord e sud coperti di ghiaccio: in altre ere geologiche quei ghiacci esistevano in forma liquida e il livello degli oceani era molti superiore al livello attuale.

Nel 1978, uno degli studiosi di ghiacciai più noti dell’epoca, John H. Mercer della Ohio State University, fece una predizione sulla vulnerabilità dei ghiacciai che coprono il nostro globo, in particolare sul West Antarctic ice sheet nel polo sud. In un articolo su Nature, disse che il rilascio in atmosfera di gas serra a causa del consumo di fonti fossili è un “threat of disaster”, una minaccia di disastro per il West Antarctic ice sheet.  

Trentacinque anni fa dunque già si parlava di come l’uso scellerato di petrolio ed affini avrebbe devastato il pianeta. Il professor John Mercer fu preso in giro e schernito, perché non ci si poteva aspettare che i ghiacciai dei poli fossero soggetti a cambiamenti cosi colossali e cosi repentini.

E invece.

Invece sono stati pubblicati proprio in questi giorni due articoli scientifici che sembrano confermare in pieno le predizioni del professor Mercer. Uno di questi articoli è su Science e l’altro in Geophysical Research Letters. Hanno titoli chiarissimi sul destino di questi ghiacciai: “Irreversible Collapse” e “West Antarctic Ice Sheet is Collapsing” in cui si riporta appunto che secondo studi della NASA e di altre università americane, vari ghiacciai dell’Antartide appaiono irrevocabilmente destabilizzati e che il loro collasso “appears unstoppable”, “sembra inarrestabile”.

Iniziamo con il Thwaites Glacier, uno dei ghiacciai più importanti del West Antarctic Ice Sheet – di circa 182,000 chilometri quadrati – che sta collassando. Ian Joughin della University of Washington e i suoi collaboratori  sono giunti alla conclusione che il tempo che resta a questo ghiacciaio è di qualche secolo, che alla fine scomparirà del tutto, causando il collasso di ulteriori ghiacciai, un conseguente aumento dei livelli del mare di almeno tre metri, e possibili destabilizzazioni delle coste su tutto il pianeta.  

Il Professor Joughin conclude che anche se questo processo fosse arrestato adesso, sarebbe “troppo poco, troppo tardi per stabilizzare i ghiacciai. Non esiste nessun meccanismo di stabilizzazione.” Come dire: una volta che hai innescato un processo geofisico, poi quello cammina per la sua strada, che tu lo voglio o no”.

Dal canto suo il professor Eric Rignot della University of California-Irvine, in collaborazione con la NASA, ha analizzato una serie di ghiacciai presso l’Amundsen Sea nella parte occidentale dell’Antartide. I fronti dei ghiacciai Smith e Kohler sono indietreggiati di ben 35 chilometri dal 1992 al 2011, il Thwaites Glacier di 14 chilometri ed il Pine Island Glacier di 31. Secondo Eric Rignot questi rimpicciolimenti sono irreversibili: “Abbiamo passato il punto di non ritorno”.

I due studi su citati sono stati eseguiti da due gruppi diversi e in modo indipendente. Quando hanno scoperto di essere giunti alle stesse conclusioni, e cioè che l’Antartide collassa,  hanno deciso di indire una conferenza stampa congiunta con la NASA. 

Ora è ovvio che non vedremo i livelli dell’oceano innalzarsi domani, e che ci vorranno decenni per iniziare a vedere le conseguenze del tutto, però abbiamo messo in moto – come dice appunto la NASA – un processo inarrestabile. Geologicamente parlando, duecento anni sono un batter d’occhio.

I ghiacciai scompaiono a causa delle temperature atmosferiche sempre più calde, ma in modo indiretto. Nel profondo dei mari polari infatti esiste dell’acqua più calda del normale che iniziano ad arrivare sempre più di frequente in superficie.  Grazie a questa acqua calda i contorni dei ghiacciai si sciolgono a ritmi sempre più repentini. 

A causare il riaffiorare in superficie di questa acqua calda profonda sono i forti venti che spirano sull’Antartico. In condizioni normali, questi venti servono per tenere bassa la temperatura del polo sud. Ma man mano che il resto del pianeta si riscalda, i venti diventano sempre più violenti e più stravolgenti. Una delle conseguenze di tutto ciò è che appunto l’acqua calda profonda torna in superficie, erodendo i ghiacciai. In questo modo, enormi lastre di ghiaccio sono possibilmente lasciate senza supporto, e potrebbero esserci non solo scioglimenti graduali dei ghiacci, ma anche dei crolli massicci di enormi  strutture diventate instabili.

Fra le possibili concause discusse, anche l’allargamento del buco dell’ozono e possibili cambiamenti naturali. I ricercatori coinvolti e la NASA ritengono però che il principale fattore sia il riscaldamento del pianeta.

Il professor Mercer, il pioniere che aveva già previsto tutto cosi tanti anni fa, è morto nel 1987.

Qui tutte le foto e i link relativi ai ghiacciai del West Antarctic ice sheet. 

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