Announo, la nuova trasmissione di Michele Santoro condotta da Giulia Innocenzi ha ottenuto un grande successo di pubblico e totalizzato oltre il 10 per cento di share con due milioni di telespettatori. La novità del programma sta nel fatto che i protagonisti della scena sono 24 giovani di diversa estrazione sociale e di diverso credo politico che espongono le loro storie e hanno la possibilità di rivolgere domande senza filtro e senza mediazioni giornalistiche al leader politico di turno.

Qualcuno ha scritto e detto che Announo si ispirerebbe ad Amici, il programma di Maria De Filippi nella sua prima versione degli anni novanta ma, in un’ intervista che Santoro ha di recente rilasciato a Peter Gomez su ilfattoquotidiano.it, lo stesso chiarisce che in realtà le vere fonti di ispirazione sono Abboccaperta di Gianfranco Funari e Per voi giovani di Renzo Arbore.

Mi trovo quasi completamente d’accordo con Santoro per quel che riguarda Abboccaperta ma vorrei comunque sottolineare qualche similitudine e qualche differenza.

Come mio marito Gianfranco amava spesso ripetere, la vera regina della trasmissione, l’idea portante del suo format originale era la domanda. In Abboccaperta Gianfranco amava fare al pubblico diviso in due tribune contrapposte una domanda che suscitava un dibattito molto acceso e risvegliava in ogni persona presente in studio la voglia di partecipare, di dire la sua, di confrontarsi in maniera molto franca e aperta con chi la pensava in maniera diversa. Anche in Announo si parte da una domanda che nella scorsa puntata è stata “Dobbiamo avere paura?”.

In Abboccaperta i filtri e la mediazione giornalistica erano totalmente assenti perché Gianfranco, come egli stesso teneva a precisare, non era un giornalista ma un “giornalaio” che sottoponeva all’attenzione della gente un argomento di attualità e dirigeva la discussione dando e togliendo la parola con una maestria e un talento che per questo genere televisivo è molto difficile eguagliare forse proprio perché la vera natura del conduttore e ideatore di Abboccaperta era quella del cabarettista con la passione per l’informazione. In Announo la mediazione giornalistica non pesa eccessivamente sull’impianto generale della trasmissione ma è pur sempre presente.

La spontaneità e l’assoluta imprevedibilità degli interventi delle persone presenti in studio era uno degli ingredienti fondamentali del successo che Abboccaperta ottenne prima a Telemontecarlo e poi su Rai Due sin dalla prima metà degli anni 80 perché una cosa del genere in televisione non si era davvero mai vista, applicare l’articolo 21 della Costituzione Italiana che riguarda la libertà di parola facendo parlare giovani e meno giovani presi dalla strada senza provinarli né sottoporli ad alcun casting era un’idea rivoluzionaria che rompeva per la prima volta qualsiasi schema nella comunicazione televisiva. In Announo i giovani presenti in studio dimostrano una notevole preparazione sull’argomento di cui si parla, non sono degli sprovveduti e danno l’impressione di trovarsi perfettamente a loro agio davanti alle telecamere come d’altronde è giusto che sia, dopo decenni in cui la comunicazione televisiva ci ha abituati alla gente comune che in video sa parlare in modo forbito e sa muoversi con estrema naturalezza.

La differenza più macroscopica però è questa: Gianfranco non ha potuto spingere Abboccaperta fino a dove lo stava conducendo il naturale sbocco di quel format, non ha potuto trattare veri e propri argomenti di politica perché, come lui stesso raccontava, la dirigenza della Rai non glielo consentì. Come Enzo Tortora confidò a Gianfranco rivelandogli la sua impressione su Abboccaperta, la strategia di comunicazione contenuta nel dna del programma gli avrebbe ben presto creato dei problemi con i vertici della televisione di Stato; data la portata rivoluzionaria del format, si poteva ben prevedere a cosa avrebbero portato domande del tipo: “Sulla crisi di Sigonella ha ragione Craxi o Spadolini?”, in un periodo in cui l’informazione televisiva era gestita ancora dalle tradizionali tribune politiche. Lasciare argomenti caldi in balia del giudizio di comuni cittadini che cambiavano a ogni puntata e potevano esprimersi con la più ampia libertà sarebbe equivalso a mettere in discussione equilibri istituzionalmente riconosciuti con una virulenza paragonabile a quella che da qualche anno a questa parte ha invaso la rete e ha permesso a forze come il Movimento 5 Stelle di diventare il secondo partito in Italia. In altre parole, la “ggente” che Funari ha osato portare in televisione era potenzialmente dotata di quella violenza distruttrice del potere precostituito che Santoro nell’intervista rimprovera ai seguaci di Grillo.

Detto questo, ho seguito Announo con molto interesse e approfitto dell’occasione per fare a Santoro e a Giulia Innocenzi i miei migliori auguri perché possa continuare il successo meritato di una trasmissione che, nell’attuale panorama televisivo, rimane comunque un’importante e coraggiosa novità.

Articolo Precedente

L’Unità, mercoledì i soci vanno a consulto sulla liquidazione dell’editrice

next
Articolo Successivo

Copia privata: mentre noi discutiamo, alla Apple vincono il jackpot

next