La provinciale rimane in A con onore e il grande capoluogo finisce in B senza nemmeno reagire. Si consuma nei 90 tiratissimi minuti della penultima giornata di Serie A il verdetto delle retrocessioni sulla via Emilia: Bologna scende e Sassuolo sale. Di là dal Secchia i neroverdi del patron di Confindustria Giorgio Squinzi inanellano un’altra straripante vittoria (4 a 2 al Genoa) e blindano, nell’anno del loro ‘prima’ in A, la permanenza in massima serie; di qua, invece, l’undici rossoblù del presidente Albano Guaraldi subisce l’ennesimo k.o. sul campo (1 a 2 col Catania), ricacciando la squadra in B dopo sei anni e suscitando una reazione a catena che è partita con le dimissioni del presidente onorario Gianni Morandi, e che ha scomodato perfino l’ex presidente del consiglio, Romano Prodi. “Il campionato di calcio fa un passo indietro”, ha spiegato l’ex premier all’agenzia Dire, “mancando Bologna manca un pezzo importante dell’Italia. Evidentemente, ma lo dico da non intenditore, è necessaria una società con più forza, più energia e più capacità di attrazione. Non so chi ci possa mettere i soldi, ma ho paura che ci vogliano”.

Una telenovela, quella del Bologna F.C., che si trascina stanca e zeppa di malumori, da oltre un anno. Sulla graticola il presidente Guaraldi che da giugno 2012 ha conquistato il 51% del capitale sociale del Bologna 2010 rivoluzionando le premesse della società ‘partecipata’ inventata dall’ingegner Giovanni Consorte e dalla sua Intermedia nell’oramai lontano dicembre 2010 e che prevedeva perfino l’azionariato diffuso tra i tifosi. Sogni d’altri tempi, perché Guaraldi, titolare dell’impresa edile Futura Costruzioni srl, ha tirato dritto ed è diventato l’uomo solo al comando con ogni giorno una gatta da pelare dal punto di vista finanziario e un centro tecnico monumentale da realizzare alle porte di Bologna su una parte di terreni del socio Rimondi. Denaro in contanti? Una chimera e una pena. Nel mercato dell’estate 2013 cessioni di prestigio (il bomber Gilardino su tutti) e arrivi pallidi con stipendi mica tanto da fame. Poi il gran colpo, fuori mercato di riparazione a febbraio 2014, che impoverisce la squadra dell’azzurro Alino Diamanti: i milioni del club cinese Guangzhou per pagare gli stipendi di chi è rimasto. Così ogni match domenicale da almeno tre mesi, dopo l’arrivo del nuovo tecnico Davide Ballardini, è diventato uno stillicidio: due vittorie in tre mesi e mezzo di gare, ma soprattutto l’anemico attacco rossoblù che dal 2 febbraio 2014 ha segnato sette gol in 16 partite. “Il Bologna non ha dato segni di vita per mesi”, spiega Eraldo Pecci, ex centrocampista del Bologna e del Torino, al fattoquotidiano.it, “il Sassuolo invece si è ribellato e ha lottato ogni domenica”. Ecco allora che l’esultanza della provinciale Sassuolo sembra quasi la norma, vista l’energia e le prepotenza con cui si è salvata a suon di gol – sette reti il Sassuolo le ha segnate solo nelle ultime due partite – e vittorie – tre nelle ultime cinque gare.

“Abbiamo avuto un inizio difficile”, racconta il presidente Carlo Rossi al fattoquotidiano.it, “poi diversamente da altre società che lottavano per la salvezza ci siamo rafforzati nel mercato di gennaio; anche se la differenza in questi casi la fa un patron coi fiocchi, Giorgio Squinzi, che ha denaro da spendere ed è appassionato alla squadra”. Dieci giocatori nuovi a gennaio 2014, uno stadio tutto proprio (il Mapei Stadium a Reggio Emilia) fino al 2015, e un allenatore cambiato a febbraio 2014 – Eusebio Di Francesco per Alberto Malesani – di nuovo in panchina dopo un mese richiamato dalla società, e la macchina Sassuolo, a marchio Mapei fin dal 1987, si piazza d’imperio tra le migliori della serie A: “Abbiamo i bilanci in attivo da anni e ora abbiamo pure un parco giocatori che viene valutato da settimo ottavo posto in A. Cercheremo di non indebolirci durante l’estate”. Così il calvario del Bologna F.C., o ancor meglio la ricetta finanziaria per lo storico blasone felsineo, dovrebbe ripassare dall’arrivo di un nuovo ‘patron’ alla Squinzi: denaro liquido e credibilità sul mercato. Un nome solo: Massimo Zanetti, il proprietario della Segafredo s.p.a. che con Consorte salvò il club nel dicembre 2010 per poi finire socio di minoranza e in attesa di segnali da Guaraldi: “Non sono più le dimensioni e la storia delle città a fare la differenza nel calcio”, conclude Pecci, “al Sassuolo si capiva che c’era uno Squinzi ‘a fare la guerra’ per affermarsi in A. Se arrivasse Zanetti a Bologna le cose cambierebbero. Voglio raccontarvi l’aneddoto di un osservatore del Torino che lavorava praticamente sempre vicino a quello della Juventus. Mi diceva: “Quando vedevo un buon giocatore e mi dicevano il prezzo io alzavo gli occhi al cielo; mentre il mio collega della Juve alzava gli occhi verso gli stabilimenti della Fiat”.

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