A Samuel Johnston si attribuisce la frase storica: “Il patriottismo è l’ultimo rifugio delle canaglie” che io adatto al mondo di oggi, con la più pertinente e impertinente “l’innovazione è l’ultimo rifugio dei nullapensanti”. 
Oramai non si contano più le autorevoli analisi politiche e economiche che, come tutti salmi finiscono in gloria, invocano in conclusione l’innovazione toccasana di ogni ritardo, rimedio di ogni problema.

Ogni riforma annunciata o progettata dal governo ha come corollario l’innovazione. Come si affronta la riforma della pubblica amministrazione? Ma diamine, con l’innovazione. Come si curano i mali della scuola e dell’università? Ma con l’innovazione. Come si recupera il terreno perduto nella competizione industriale? Con l’innovazione…

Chi pronuncia questa parola magica è esentato dal fornire ulteriori spiegazioni. Il fascino di questa parola è tale che blocca le intelligenze, inibisce gli interrogativi. E’ la risposta a tutte le aspettative. Sulla bocca degli uomini politici è miele perché esime dall’indicare dove si reperiscono le risorse, dove si tagliano le spese, quali sono le priorità.

Per la gioia dei nullapensanti non mi stupirei se si istituisse un Ministero per l’innovazione come già in passato c’era quello della riforma della pubblica amministrazione.

Al di là della giaculatoria sono rari gli esempi di innovazione vera che fa progredire.

Uno di questi non molto conosciuto anche per la ritrosia dei protagonisti (piemontesi) è quello di un signore autodidatta che lavorava come operaio alla Olivetti di Adriano: Natale Capellaro. A un certo momento venne all’orecchio dei dirigenti che Capellaro si portava dei pezzi a casa. In un altro contesto, in una fabbrica magari di oggi dove ci si lava la bocca con l’inno alla innovazione, Capellaro averebbe corso il rischio di essere allontanato. Ma all’Olivetti di Adriano l’innovazione si praticava sul serio, non era solo un ufficio e una sedia occupata dal solito manager masterizzato che intende l’innovazione come la capacità di tagliare i posti di lavoro.

L’ingegner Adriano e il capo reparto di Capellaro vollero indagare e scoprirono che avevano di fronte un inventore che utilizzava quei pezzi insieme ad altro materiale di fortuna in un laboratorio ricavato dalla cantina di casa per creare un nuovo modello Olivetti destinato poi ad entrare nella gamma dei prodotti di uso.

Capellaro, grazie al suo ingegno, percorse tutta la carriera diventando direttore generale della fabbrica sentiva come “sua”.

Questi sono gli innovatori che innovano senza saperlo e ostentarlo.

Articolo Precedente

Maker e aziende italiane del design: un dialogo?

next
Articolo Successivo

Ultrà e identità

next