Lavorare meno per lavorare tutti. È la frase più ricorrente in queste ore nei corridoi di via della Scrofa, sede della redazione del Secolo d’Italia. E per “tutti” s’intende anche gli ex parlamentari Gennaro Malgieri, Italo Bocchino, Silvano Moffa e Mario Landolfi. E’ il 9 aprile quando il comitato di redazione del quotidiano di partito, che fu prima dell’Msi e poi di Alleanza nazionale, dopo lo stato di crisi in cui si paventava l’ipotesi di liquidazione della testata e dopo aver rinunciato, a dicembre 2012, all’edizione cartacea, firma il contratto di solidarietà.

L’accordo raggiunto con Stampa romana, sindacato dei giornalisti, prevede la riduzione del 40 per cento delle ore di lavoro e la conseguente riduzione del salario. Tra i 18 dipendenti – redattori e poligrafici – spiccano anche i quattro volti noti più ai corridoi di Montecitorio che a quelli della redazione e cioè Malgieri, Bocchino, Moffa e Landolfi, in aspettativa da anni. Il loro rientro a carico del giornale a marzo 2013 – dopo essere fuoriusciti dal Parlamento – aveva scatenato forti malumori. In redazione, assicurano i colleghi, non avevano mai messo piede. Il quartetto ha battuto ogni strada per conservare lo status di assente giustificato: quando ripresero servizio, infatti, una lettera dell’amministrazione li esonerava dal recarsi in redazione. Poi durante la trattativa sindacale per ottenere i contratti di solidarietà, hanno tentato di stringere accordi separati con il Cda della Fondazione An – proprietaria della testata – per continuare a scrivere da casa nei modi e tempi a loro più congeniali. “Spetterà al nuovo direttore Girolamo Fragalà – dice il segretario di Stampa romana Paolo Butturini – far rispettare l’accordo e invitare gli ex deputati a lavorare come tutti gli altri”. Secondo i colleghi è insopportabile, vista la situazione agonizzante del giornale, che continuino come se nulla fosse accaduto. “Gli oneri – spiega un membro del cdr – devono essere divisi tra tutti, rispettando il principio d’uguaglianza”.

Il Secolo è in crisi da molti anni ormai: già nel 2011 si registravano perdite per 2,1 milioni di euro nonostante il contributo statale per l’editoria che a quella data ammontava a circa 2,5 milioni. Nel 2012 il passivo era di circa un milione di euro.
Nel frattempo Marcello De Angelis, direttore del Secolo dal 2011 al 2013, che aveva rinunciato allo stipendio nel periodo in cui era parlamentare, una volta non rieletto ha continuato a mettere in pagina il giornale senza essere mai pagato. De Angelis cessa la direzione alla fine di novembre 2013 quando gli viene recapitata dall’amministratore delegato del Secolo una lettera in cui lo si ringrazia per la collaborazione gratuita svolta fino a quel momento. Ma alcuni membri del Cda della Fondazione An sostengono di non essere stati informati dell’allontanamento di De Angelis. L’ex direttore la scorsa settimana ha formalizzato la sua vertenza nei confronti della società editoriale del giornale.

Negli ultimi due anni la Fondazione – ricca di proprietà immobiliari – al cui interno convivono Fli, FI e pezzi di Ncd – ha chiesto un piano di rientro dal debito. E quando nel 2011 De Angelis subentra senza stipendio a Flavia Perina nella direzione, iniziano i tagli. Il giornale cessa l’edizione cartacea, passando alla versione online, per risparmiare quasi 500mila euro l’anno. Un risparmio che – sommato alla notizia che la proprietà del quotidiano era passata alla Fondazione – aveva dato ai lavoratori una boccata d’ossigeno. Solo per poco però. Perché dopo qualche mese rientrano i quattro ex deputati che, al lauto stipendio, non hanno voluto rinunciare.

Gennaro Malgieri, che del Secolo è ex direttore responsabile, è stato parlamentare dal 1996 con un passaggio in Rai dal 2005 al 2008. Malgieri incassa il vitalizio da quasi un anno e a breve percepirà anche la pensione da giornalista. La sua retribuzione al giornale era di circa seimila euro. Italo Bocchino, che firma con lo pseudonimo Oreste Martino, onorevole dal 1996 a via della Scrofa non ha praticamente mai lavorato. Qualifica: “inviato parlamentare” con retribuzione più o meno la metà di quella di Malgieri. Al terzo posto c’è Mario Landolfi, deputato dal ’94, ex ministro Comunicazioni, rinviato a giudizio per corruzione e truffa aggravate dal favoreggiamento della camorra. È redattore ordinario e guadagna quanto Bocchino. In quarta e ultima posizione troviamo Silvano Moffa, il più precario dei gruppo: è stato assunto con un contratto di collaborazione. Ha 63 anni, incassa il vitalizio da ex parlamentare dal 2011, è deputato dal 2006, ma vanta una lunga carriera politica: prima sindaco di Colleferro, poi presidente della Provincia di Roma, infine sottosegretario alle Infrastrutture.

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