Alla compiaciuta idiosincrasia per la convegnistica più in generale, affianco un’intolleranza fisico/alimentare per le adunate professionali che intendono fare il punto su una certa categoria, siano essi gli ortolani piuttosto che, come nel caso nostro, i giornalisti. La titolazione dell’evento si è ormai storicizzata e come per la Riviera dei Fiori anche quello di Perugia è orgogliosamente denominato “Festival“. Manca, invero, quel filo di leggerezza per poter concludere che si tratta pur sempre di pane e salame, ma insomma ci passa una sacco di gente, anche brava, e magari qualche pillolina digeribile c’è pure. E anche un sacco di amici che dicono giustamente la loro.

Non ne avrei scritto, se non fosse che mi è passata davanti agli occhi una griglia di una certa qual solennità sotto forma di 31 slide, come lui stesso renzianamente le ha definite. Le ho ritrovate sul Post di sua proprietà e l’autore/direttore è Luca Sofri. Titolo diretto, senza mediazioni: “31 regole sul giornalismo“. Ma a dispetto delle regole evocate, l’autore mette in guardia il lettore e gli chiede quel filo di comprensione per non “attribuire valori perentori o esaurienti a cose che non lo hanno”. Sarebbero un po’ la summa del suo intervento perugino, che lui graziosamente traduce online.

Luca Sofri è sui cinquanta, un’età che dovrebbe consentire a un uomo di mondo di sgravare dai propri pensieri un sovraccarico di consuetudini e banalità. E permettergli di evitare quesiti che la storia e l’evidenza dei fatti hanno già sotterrato come mesozoici. Come la domanda numero 1: “I giornali sono prodotti commerciali o servizi pubblici?”

Nei giornali, in quasi tutti, si smarchetta in modo semi-indecente e la linea di confine si è persa da tempo. Smarchettano sovente i giornalisti, e spesso senza neppure committenza diretta (il direttore, l’editore, le aziende esterne che fanno pubblicità) ma solo per far sapere d’essere comunque “a disposizione”. La questione dunque non c’è. Sofri sostiene che “i buoni giornali sono quelli in cui l’una (sostenibilità economica) non compromette l’altra (correttezza/qualità)”. Sì, ciao core.

E ora vediamo domanda per domanda.

N. 2: “Le notizie devono essere “nuove”?”. Quesito dilaniante, ammetterete. Sofri lo risolve così: “Per ogni cosa che ci suona già letta ci ne sono mille altri che scoprono per la prima volta…quel che conta è sottrarsi all’enfasi del nuovo, dell’inedito, dell’esclusiva, di cui ai lettori importa poco”. Credo che qui al Fatto, dopo aver letto la regola 2, stiano per ammazzarsi.

N. 3: “C’è differenza tra “aggregatori” e “produttori di notizie?””. Qui Sofri la butta in caciara perché gli fa anche un po’ comodo. Secondo lui le differenze si schiacciano sino a sovrapporsi completamente. Sì, ciao core 2.

N.4: “Ci si può fidare di collaboratori sconosciuti?” Domanda di riserva?

N.5: “Si possono inventare i virgolettati?” Qui, il nostro direttore ci vuole fare la morale perché i giornali sono pieni di virgolette e di persone che non si riconoscono in quei virgolettati. Ok direttore, va bene, son cose poco belle.

N.6: “Vanno messi i crediti nelle foto?” Secondo voi?

N.7: “Qual è una notizia?”Ah ah, in questo caso Sofri si fa una domanda quanto mai opportuna.

N.8: “Serve una chiusa?” No, grazie.

N.9: “Essere sul posto, serve?” Confesso di non aver avuto cuore di leggere cosa pensa, sull’argomento, il direttore del Post.

N.10: “Le correzioni ai pezzi online, si indicano?” Capirete che su questo argomento, il giornalismo si gioca la faccia.

N.11: “I commenti ai lettori servono?” Cari lettori del Fatto, voi cosa ne pensate?

N.12: “Twitter ha rimpiazzato le agenzie?” Ecco una domanda sulla quale effettivamente si possono fare amabilmente quattro chiacchiere.

N.13: “Cosa significa firmare gli articoli?” Che in rete c’è un pirla da insultare, ma sui giornali di carta (purtroppo) neanche quello.

N.14: “Le parole si scelgono o sono già scelte?” Messo in allarme dall’inarrivabile Bartezzaghi sull’opportunità dell’espressione “un culo strepitoso”, Sofri si interroga sui triti linguaggi dei giornalisti. Parliamone.

N.15: “A cosa servono i corrispondenti dall’estero?” Secondo Sofri sostanzialmente a nulla ed è possibile che in molti casi abbia ragione. Servirebbero, dice, “nei luoghi meno illuminati del mondo”.

N.16: “Il lavoro deve essere sempre pagato?” Sofri è stato molto svillaneggiato in rete perché ha detto, testualmente: “…pretendiamo che quella cosa lì (il lavoro) sia quantificata in termini monetari…ma non è un assioma che il lavoro debba essere pagato”. Ne ha fatto, invero, un discorso più complesso, in cui comunque il sottile “ricatto” intellettuale ai danni di chi per scrivere (e vedersi pubblicare) darebbe la vita è sin troppo evidente. Diciamo che qualche contumelia è ampiamente giustificata.

N.17. “Quando si citano le fonti?” Il dibattito qui proprio non c’è: sempre, quando vai a ricasco di una cosa originale.

N.18: “Cosa pensiamo del nuovo sito del Corriere?”………………..

N. 19: “Cosa si fa quando arriva una breaking news?” Se la notizia è vera, pubblicare…?

N.20: “Prendere un buco è un problema?”Ai miei tempi (scusate l’espressione) erano “cazzi”. Roba da rigirarsi nel letto. Ma Sofri usa questa domanda, del tutto pleonastica, per rivelarci un’altra cosa: lui sarebbe addirittura un “consigliere” di altri direttori, ai quali dispenserebbe la sua sensibilità circa il peso da dare alle notizie. Accidenti.

N.21: “Chi è un giornalista?” No, questa non ho cuore.

N. 22: “Cosa si fa con le rettifiche o le smentite?” Già, cosa si fa, mumble, mumble…

N. 23: “Cosa vuol dire “i fatti separati dalle opinioni”?” Che alla domanda 23 sono sfibrato dalla portata di questi interrogativi.

N.24: “Cosa si fa con i comunicati stampa?” Canestro da tre.

N.25: “Cos’è il “native advertising”?” Apprendo da Sofri essere una moderna marchetta.

N.26: “Come si scrivono le interviste? Come si trascrivono le battute?” Alla domanda 26 sono sempre più provato, sto per cedere.

N.27: “Quand’è che una non notizia diventa notizia?”Non lo sa nemmeno Sofri.

N.28: “Vorreste fare il direttore del Corriere della Sera?” Dice Sofri che tanti giovani giornalisti gli rispondono di no perché adesso ci sono un sacco di posti più fighi. Ah ecco…

N.29: “Quali cose fa un giornalista?” Dice sempre Sofri che i più pensano ancora sia cercare notizie e scrivere. Lui ha intenzione di dissuaderli.

N.30: “Come si fanno le maiuscole accentate?” Andiamo direttamente alla successiva e ultima domanda.

N.31: “Cosa metto ora in apertura?” Sofri, ci metta quello che vuole, tanto la partita è persa.

La Repubblica tradita

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