Magari non numerosissimi, ma determinati e con in mano bandiere e cartelli di rivendicazione per sostenere la loro lotta. Così apparivano i circa settanta manifestanti che si sono dati appuntamento il 7 maggio davanti a un ristorante McDonald’s di Manatthan per un importante annuncio: lo sciopero a livello mondiale dei dipendenti delle più importanti catene di fast food. La data prescelta è quella di giovedì 15 maggio e la mobilitazione vedrà coinvolte oltre 150 città degli Stati Uniti e di più di altre 30 nazioni, compresa l’Italia. La protesta per paghe migliori e più soddisfacenti condizioni di lavoro varca così i confini americani, si ramifica e si estende diventando un agguerrito movimento di sensibilizzazione di portata planetaria. A dimostrarlo il fatto che per la prima volta la regia dell’agitazione è comune: i lavoratori sono infatti finalmente riuniti in un unico sindacato internazionale, l’International Union of Food, Agricultural, Hotel, Restaurant, Catering, Tobacco and Allied Workers’ Associations (Uita): «I lavoratori di decine di Paesi in tutti i continenti hanno annunciato l’ingresso nel movimento per salari più alti e migliori condizioni di lavoro nei ristoranti come McDonald’s, Burger King, Wendy’s e Kfc», hanno sottolineato gli organizzatori.

E se in maniera così estesa una manifestazione di questo tipo è praticamente un inedito, nella nazione che è il cuore sia del settore fast food sia della protesta si tratterà invece del punto di approdo di un percorso iniziato a fine 2012 e che anche negli ultimi mesi dello scorso anno ha visto i lavoratori incrociare le braccia. Negli Stati Uniti l’obiettivo principale è quello di elevare il salario minimo ad almeno 15 dollari all’ora: cifra non certo clamorosa ma comunque pari a più del doppio dell’attuale livello minimo fissato a 7,25 dollari all’ora, accompagnati da un trattamento lavorativo davvero deficitario. Una politica che ha portato alla paradossale situazione di una grande massa di persone che pur non essendo disoccupate (ed avendo anzi un lavoro a tempo pieno), si ritrovano ai margini della soglia di povertà. E per far sentire forte il loro grido d’aiuto e di rabbia i lavoratori degli States hanno deciso di unire la loro voce a quelle provenienti dagli altri continenti del globo: questo urlo si alzerà forte il prossimo 15 maggio. Qualcuno lo ascolterà?

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