“La ‘ndrangheta a Parigi? Mai sentita. Le cosche in Libano a Tehran? Come si dice: non pervenuta”. Il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri solleva dubbi e domande sul piano anti-‘ndrangheta presentato a fine aprile dal ministro dell’Interno Angelino Alfano e dal capo della polizia Alessandro Pansa. Un piano di battaglia che, stando al disegno governativo, prevede l’invio di esperti in questi paesi dove le cosche trovano terreno fertile per trafficare cocaina e riciclare denaro.

Cinque capitali che secondo quanto detto dallo stesso Gratteri alla Commissione parlamentare antimafia non rappresentano la geografia internazionale delle ‘ndrine. “A Brasilia – dice Gratteri – abbiamo già esperti, mentre per la Francia il luogo dove hanno riprodotto abitudini e affari non è certo Parigi, ma la Costa azzurra”. E perché non la Svizzera? “A pochi chilometri dal nord Italia – prosegue il magistrato – la Svizzera conta decine di locali di ‘ndrangheta. In questo paese poi la mafia è punita con il reato di associazione segreta con pene massime fino a cinque anni”.

Ma non c’è solo questo. Gratteri che nei giorni della formazione del governo Renzi correva in pole position per la poltrona di ministro della Giustizia (poi assegnata a Andrea Orlando), solleva forti perplessità anche sul numero di uomini delle forze dell’ordine che il Viminale prevede d’inviare in Calabria. Ottocento nel piano. Si chiede il procuratore aggiunto, da sempre in prima linea contro i boss: “Attualmente in Calabria abbiamo un organico a cui mancano ben mille uomini. La compagnia dei carabinieri di Locri, ad esempio, segna un inquietante meno ottanta uomini”. Spiega il magistrato: “Per questo in molti casi, pur avendo importanti spunti investigativi, non riusciamo a dare il via alle inchieste”. E ancora: “Mi chiedo allora, se gli ottocento uomini arrivino per sopperire a questi buchi o saranno in più”.

Secondo Alfano la contabilità sarà così suddivisa: 155 investigatori che verranno trasferiti da altre sedi, di 355 uomini dei reparti prevenzione crimine di polizia e carabinieri e di altri 290 unità in via d’assegnazione, che contribuiranno sia alle indagini sia ai controlli. Di nuovo i dubbi di Gratteri: “C’è da capire se questi trasferimenti di sedi riguardano zone della stessa Calabria, in caso contrario, se arrivano da una distanza superiore ai cento chilometri bisogna pagare gli straordinari. E allora mi chiedo: da dove saranno presi i soldi, visto che un esperto dislocato in una sede estera costa 20mila euro al mese?”.

Insomma, uno dei magistrati che più di altri conosce le dinamiche della ‘ndrangheta, boccia in buona parte il piano d’emergenza del Viminale. “Anche perché – ragiona Gratteri – in Calabria non abbiamo bisogno di agenti semplici per il controllo del territorio, ma di investigatori capaci di decifrare le nuove dinamiche dei clan”.

Ma non c’è solo questo. Gratteri, infatti, ai parlamentari della commissione fornisce indicazioni importanti da portare in Europa durante la prossima presidenza italiana. “Primo dato – dice – in Europa s’indaga poco”. E questo “perché negli altri Paesi manca l’articolo 416 bis”. Non solo. Secondo il procuratore “bisogna insistere affinché l’Europa applichi il ritardato arresto”. Una regola che in Italia funziona e permette “di arrivare ai grandi carichi evitando, magari, di arrestare i piccoli corrieri”. In questo senso “l’Olanda è un paese decisivo, perché al porto di Rotterdam arriva buona parte della cocaina che viene distribuita in Europa”. Questo, naturalmente, in attesa che il ministro Alfano risponda e faccia chiarezza sui dubbi sollevati da Gratteri.

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