“Il dialogo è chiuso, la lotta continuerà ad oltranza”. Lo hanno assicurato i Si Cobas, dopo la mattinata di picchetti e scontri con le forze dell’ordine che ha lasciato sul campo alcuni operai feriti. Alla fine, comunque, l’hanno avuta vinta loro, con la chiusura del più grande magazzino del sud Europa della multinazionale svedese aperto da qualche anno a Piacenza, nella zona di Le Mose. Ora, se l’azienda vorrà riprendere l’attività, dovrà per forza di cose intavolare una trattativa.

Foto di Gianmarco Aimi

Le proteste, riesplose ieri a causa della lettera di sospensione (o per molti solo un sms, ndr) a 33 lavoratori da parte della cooperativa San Martino – che gestisce il personale insieme alla Sigma -, avevano fatto tornare alcune centinaia di facchini davanti ai cancelli in segno di protesta. Una manifestazione che però non era riuscita a fermare l’attività, per l’intervento della polizia che li aveva sfollati. Oggi, invece, il supporto dei ragazzi del centro sociale Crash di Bologna ha fatto la differenza. I picchetti, dalle prime luci dell’alba, erano ben più organizzati, con i manifestanti appostati all’entrata principale e agli hub 5, 7 e 9 ed è stato da subito impossibile per i camion trovare un varco per entrare. Così come per quei dipendenti che avevano deciso di condiniare a lavorare, fermati ben prima dell’ingresso.

All’arrivo delle tre camionette – due della polizia e una dei carabinieri da Milano – con a bordo agenti e militari in tenuta antisommossa – e del questore di Piacenza, Calogero Germanà, a coordinarli, tutto era pronto, con facchini e giovani del centro sociale seduti a terra e pronti a resistere. Il blocco è stato tolto, non senza qualche scontro ma la tensione maggiore si è registrata in seguito, quando i manifestanti si sono divisi in gruppi e sparpagliati per la vasta area del polo logistico, dando del filo da torcere alle forze dell’ordine. Numerose le cariche e le manganellate – come dimostrano i lividi di alcuni operai -, con polizia e carabinieri che hanno anche lanciato qualche fumogeno per disperdere i manifestanti. Niente da fare, alla fine il gruppo si è ricompattato sulla strada fermando alcuni camion e da quel punto in poi il questore – avuto un fitto dialogo con il responsabile del magazzino Ikea – ha deciso di sospendere l’intervento.

“Continueremo la lotta, dopo il finto incontro di ieri – ha confermato Bruno Scagnelli, delegato Cobas -. Me l’hanno detto gli stessi responsabili sindacali di Ikea: continuate pure. Va bene, gli ho detto. Adesso non c’è più margine al dialogo e finché non mandano via la coop San Martino. Oltre ai problemi contrattuali e sanzionatori fanno picchiare la gente e sostituiscono quelli che scioperano con altri operai. Non si gioca con la vita della gente”. Una linea di fermezza, da parte del sindacato di base, che ha trovato di fronte l’altrettanta rigidità del Colosso del mobile. In un comunicato, diffuso in mattinata, si legge: “In seguito al blocco ai cancelli attuato questa mattina ad opera di un gruppo di manifestanti, blocco che impedisce l’accesso sia dei lavoratori che delle cooperative, sia dei mezzi di trasporto e quindi delle operazioni di carico e scarico, Ikea Italia Distribution ha deciso di sospendere le proprie attività sul Deposito 2 di Le Mose. Questa sospensione parziale permarrà con il permanere del blocco agli accessi”.

Sulla stessa linea la cooperativa nell’occhio del ciclone, la quale ha ribadito che “la San Martino garantisce il pieno rispetto dei diritti sindacali e la libertà sindacale di tutti i propri soci lavoratori applicando pienamente quanto previsto dalle norme vigenti. Inoltre ribadisce la piena applicazione di quanto previsto dal Contratto Nazionale e delle norme in materia di lavoro“.

Ma i facchini che hanno deciso di protestare, come già avvenuto un anno e mezzo fa sempre con blocchi e scontri con le forze dell’ordine, non sembrano essere d’accordo. “Quando hanno sciolto il consorzio (estate 2013, ndr) dovevano scegliere altre cooperative e invece hanno tenuto la peggiore” ha spiegato uno di loro. “Continuano a mandare lettere di richiamo e di sospensione senza motivo ma perché siamo iscritti al Si Cobas” gli ha fatto eco un’altro. Ma i problemi, ad ascoltarli, sono anche di altra natura: “Da qualche tempo hanno irrigidito la richiesta di ferie, anche se qui c’è gente che in 10 anni non ne ha mai fatte. Oppure, per malattia, sono stati stabiliti alcuni giorni, non vicini al fine settimana e ai festivi: ma se uno sta male in quei giorni e ha il certificato medico come fa? Viene a lavorare malato?” ha sottolineato un altro.

Quel che è certo, come ha scritto anche la stessa Ikea nella sua nota ufficiale, è comunque che “l’impossibilità di continuare ad utilizzare questo Polo, metterebbe a repentaglio un progetto occupazionale e di sviluppo di tutta questa area” e quindi le istituzioni piacentine, finora assenti, faranno bene a cercare di riavvicinare le due parti in conflitto, forse mai così lontane.

La lunga giornata ai cancelli Ikea si è conclusa nel peggiore dei modi con la coop San Martino che ha sporto querela per ingiurie nei confronti di Edoardo Pietrantoni, responsabile regionale del Si Cobas che ha firmato il comunicato diffuso dal sindacato e ha fatto partire dai suoi legali anche una formale diffida nei confronti del consigliere comunale Carlo Pallavicini che in questi giorni, come in passato, ha partecipato alle proteste in prima persona. A sua difesa, dal punto di vista politico, è intervenuto il segretario di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero: “Le forze dell’ordine sono intervenute a suon di manganellate e lacrimogeni per interrompere il blocco – a cui ha aderito la maggioranza dei lavoratori – dei cancelli dello stabilimento dell’Ikea di Piacenza. Ancora una volta la risposta per chi lotta è il manganello. Chiediamo il reintegro dei lavoratori sospesi e l’avvio immediato di un confronto tra le parti al fine di migliorare le condizioni di lavoro interne ad Ikea, così come richiesto dai lavoratori in lotta”.

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