Scrivo solo adesso del caso del liceo Giulio Cesare per due ragioni: la prima, non ero in Italia quando i fatti si sono verificati; la seconda, ho lasciato che le cose si decantassero per un po’ al fine di guardare alla cosa con la giusta distanza. 

Sulla valutazione della vicenda ha scritto bene Cristiana Alicata che sul suo blog fa notare come per un/a giovane omosessuale, oggi come ieri, è importante avere punti di riferimento per la scoperta e l’identificazione del proprio io in un contesto sociale che quando non ti grida “frocio” o “brutta lesbica” ti tratta da invisibile: «mi è mancato da morire un riferimento, non per diventare lesbica, ma per esserlo a pieno.» Il libro (incriminato, ma evidentemente innocente) di Melania Mazzucco, dunque, non è un omaggio alla pedo-pornografia – come ha dichiarato qualche conventicola di estremisti religiosi – ma all’acquisizione di un’identità che per essere tale, e se vuole essere tale, passa necessariamente anche attraverso la dimensione dell’esplorazione del corpo. Poi sta alle nostre sensibilità recepire quel corpo come carne peccaminosa e destinata alla putredine o come tempio della felicità e dell’autodeterminazione del sé. 

A queste parole, che condivido in pieno, si accompagnano le spiegazioni sia degli studenti e delle studentesse della scuola sia della dirigente scolastica. Nessuna lettura pubblica di passi inneggianti al sesso tra minorenni, ma una rosa di libri da leggere durante le vacanze di Natale, tra cui c’era anche il testo in questione. Bello o brutto non saprei, non l’ho letto, ma valutare un volume di duecentoquarantotto pagine sulla base di dieci righe in cui si descrive – tramite la narrazione di un rapporto orale – la scoperta dell’eros di due ragazzi, la dice lunga sulla serenità di certi commentatori (cattolici per lo più) rispetto all’omosessualità tout court. Per tacere delle reazioni di certe frange politiche estreme che con le loro dicotomie tra “maschi selvaggi” e “checche isteriche” ripercorrono meglio di un qualsiasi filmato su canali dedicati, l’intero immaginario erotico gay dalla notte dei tempi a oggi. Triste, per altro, che il fronte degli omofobi abbia bisogno di scatenare casi mediatici basati sul sovvertimento della realtà per portare avanti la sua battaglia. Essendo credenti, certi personaggi dovrebbero sapere che mentire è peccato.

Ma non è questa poi, a ben vedere, la cosa più importante. Vorrei invece ricordarvi che nelle scuole italiane si legge di peggio, in termini di immaginario al quale vengono esposti ignari/e adolescenti.

Se vi parlassi di occhi che schizzano dalle orbite a causa di una lama che sfonda un cranio o di cervella e interiora che colano da crani divorati da mostri disumani, per non parlare del nero sangue che abbandona le viscere di corpi mutilati e straziati, non sto parlando di uno splatter, ma delle immagini restituiteci da Omero e Ariosto nei loro poemi epici, di indubbia e indiscutibile bellezza.

E se leggessi in aula la storia di quel signore che offre le figlie ai vicini, dando loro mandato di stupro, per preservare l’incolumità dei suoi ospiti, non parlo di un libro che incita alla violenza sulle donne (o forse sì?), ma del diciannovesimo capitolo della Genesi e, nello specifico, nella narrazione della vicenda di Sodoma e Gomorra, versetti 4-8.

Corpi mutilati e donne violentate fanno parte da numerosi decenni della nostra cultura quotidiana. La stessa, a ben vedere, che pubblicizza la colla col corpo nudo delle donne. Viviamo, tuttavia, in una società in cui fa scandalo che su duecento pagine di un romanzo vi sia una scena di sesso orale tra uomini ma poi si reputa normale leggere o vedere filmati in cui si massacrano persone o assistere a spot in cui la donna continua a essere trattata come involucro di carne in cui far precipitare desideri e marketing. Chissà perché questo non scandalizza.

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