Ci sono voluti ventitré giorni, ma alla fine la domanda di estradizione per Marcello Dell’Utri è stata inoltrata alle autorità del Libano. Ad annunciarlo il guardasigilli Andrea Orlando, che ha spiegato anche come a Beirut siano stati inviati tutti gli atti previsti dal Trattato stipulato tra Italia e Libano per regolare i rapporti di assistenza giudiziaria reciproca. La convenzione tra i due Paesi prevede infatti che “trattandosi di imputato, sarà inoltre allegato l’originale o la copia autentica delle deposizioni dei testimoni”: su Dell’Utri pendeva un mandato d’arresto ordinato dai giudici della corte d’appello di Palermo il 9 aprile scorso, poi eseguito da agenti dell’intelligence libanese il 12 aprile, dopo che l’ex senatore si era dato a una latitanza lampo in un lussuoso hotel di Beirut. Il fondatore di Forza Italia era in attesa dell’udienza della Corte di Cassazione che avrebbe potuto mettere il bollo sulla condanna a sette anni per concorso esterno a Cosa Nostra: il suo status attuale è quindi quello dell’indagato. Ecco perché Samir Hammoud, procuratore generale di Beirut, aveva chiesto al ministero della Giustizia italiano di avere a disposizione non solo ordine d’arresto e motivazioni della condanna d’appello, ma anche gli atti relativi alle altre sentenze emesse a carico di Dell’Utri. In più tutti i documenti dovevano essere tradotti in francese, lingua utilizzata per sottoscrivere nel 1975 il Trattato che regola i rapporti giuridici tra Roma e Beirut. Ecco perché per inoltrare la richiesta d’estradizione in Libano via Arenula ha impiegato ben ventitré giorni.

Nel frattempo l’udienza della Cassazione, in origine prevista per il 15 aprile, è stata spostata dai giudici al prossimo 9 maggio, a causa delle cattive condizioni di salute degli avvocati Giuseppe Di Peri e Massimo Krogh, legali di Dell’Utri, incapaci di rappresentarlo in aula. I prossimi, dunque, saranno giorni cruciali per il destino del fondatore di Forza Italia, che ancora oggi è ricoverato in un ospedale di Beirut dopo un malore, guardato a vista dagli agenti della polizia libanese: il 9 maggio gli ermellini potrebbero rendere definitiva la condanna a suo carico, mentre nelle stesse ore le autorità libanesi analizzeranno gli atti della richiesta d’estradizione. Un iter complesso, dato che la domanda non è motivata da una sentenza definitiva. E che dovrà compiersi entro il 12 maggio, quando scadrà il termine di 30 giorni dall’arresto previsto dal Trattato Italia – Libano come termine ultimo per decidere sull’estradizione dell’ex presidente di Publitalia. Che nel giro di tre giorni potrebbe tornare in Italia e scontare i sette anni di condanna, oppure essere liberato dalle autorità libanesi e decidere a quel punto in piena autonomia la sua nuova residenza.

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