Mi occupo distrattamente di Marina Berlusconi da diverso tempo, da quando un giorno lontano – poteva essere il ’96, il ’98, o giù di lì – mi presentai (non invitato) nella casa romana di Silvio Berlusconi insieme all’allora non ancora senatore Minzolini, che era inviato per la Stampa. Su due cose, in quel momento, non avrei scommesso cinque lire (c’era ancora il vecchio conio) e oggi non saprei dire quale più clamorosa: che nel 2014 saremmo stati qui a discutere di Marina possibile capessa del centro-destra, la prima, e che ci saremmo immalinconiti assai per la mesta fine di un bravissimo cronista com’era “Minzo”, la seconda.

In quella occasione, seppur parzialmente sgraditi (al Cav. ero certamente meno simpatico del collega) e non attesi, ricevemmo un’accoglienza benevola e il leader di Forza Italia, di fronte a un caffè, accettò di fare quattro chiacchiere politiche. Non ricordo praticamente nulla di quel simpatico pomeriggio (tenete presente che per una ventina d’anni Berlusconi ha ripetuto sempre le stesse cose), ma una cosa sì e gliela chiesi io sui suoi figlioli (i quali da non molto si erano affacciati al mondo del lavoro, ovviamente nelle aziende di papà).

«Presidente, cosa pensa di Marina e Piersilvio?». Lui si prese qualche attimo, poi rispose testualmente: “Marina è il miglior dirigente con la gonna che Fininvest potesse avere”. E qui si fermò, come avesse concluso il discorso che pure era monco del cinquanta per cento dei suoi affetti. Il silenzio, come si dice in questi casi, si fece assordante e allora mi sembrò normale stimolarlo sul figliolo maschio: «E Piersilvio?», si mosse un poco sulla poltrona, come avvertisse un lieve disagio interiore, poi se ne uscì con un’espressione secca che non ho più dimenticato, «Dudi è simpatico». Punto, finito.

Fu chiaro, limpidamente evidente, come il padre si rivedesse in quella figlia femmina, la quale doveva avere, in termini identitari, qualcosa di terribilmente comune con lui e che lo spingeva a inorgoglirsi pubblicamente persino ai danni del figlio maschio, a cui aveva riservato appena un arido e comodo aggettivo di disimpegno.

Da quel giorno, quindi, non ho più perso di vista Marina B., il suo percorso professionale, la sua progressiva e inarrestabile carriera all’interno di Fininvest e soprattutto quell’immagine sacrificale che ha voluto ritagliarsi tra tutti i fratelli, come colei che più di chiunque altro avrebbe difeso senza se e senza ma il padre da tutte le accuse (a questo proposito ognuno degli altri figli, in tempi diversi, ha dubitato dei comportamenti del padre).

Ma all’interno di una storia dai contorni pubblici, ve n’è una dai contorni psicanalitici, parallela e assai poco conosciuta, che ci porta a scoprire un aspetto di Marina B. che è in totale contrasto con l’idea che lei possa diventare capessa di alcunché all’interno di Forza Italia e della politica italiana più in generale: Marina Berlusconi è senza «voce». Non parla in pubblico, evita con cura ogni situazione che possa costringerla a un confronto, non v’è traccia di lei su You Tube, insomma nessuno può dire con cognizione di causa: io l’ho sentita parlare!, ha una bella voce, è stonata, ha una voce roca da fumo, gracchia, ulula, ha un suono flautato. Niente di niente. Un fantasma.

E fateci caso. Quando la intervistano, e il caro Corrierone lo fa con amorevole frequenza, il giornalista prestato alla bisogna (Manca o Polato in genere) non offre quasi mai al lettore elementi di ambiente, tipo “e qui Marina alza la voce”, oppure “Marina si agita sulla sedia”, al punto che quei colloqui così asettici e privi di anima, ridotti a domanda e risposta, paiono il frutto (acerbo) di espresse richieste da parte del presidente Fininvest.

Sotto questo cielo, Marina non è figlia di suo padre e riesce difficile, se non impossibile, immaginarne la proiezione pubblica più clamorosa, come mettersi alla testa del popolo del centro destra e marciare alla volta di Roma! Ma dove, ma quando…

Si potrebbe concludere, con una punta di malizia, che in realtà Marina B. non esiste, che è una purissima invenzione dei giornali, un fumetto che si tramanda di striscia in striscia, che i più affezionati seguono in una dimensione parallela dove lei parla, ride, scherza, si incazza, come fosse davvero l’amatissima figlia femmina di Silvio Berlusconi. 

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