Sale al livello più alto dal 2011 l’indice del settore manifatturiero: un segnale positivo sull’andamento della cosiddetta “economia reale”. L’indicatore Pmi, calcolato dall’istituto Markit sulla base delle risposte dei direttori acquisti delle imprese, è schizzato in aprile a 54 punti contro i 52,4 di marzo, superando le previsioni degli analisti che si fermavano a 52,9. L’aumento dipende dagli incrementi registrati dalla produzione, dai nuovi ordini e dalla creazione occupazionale. La crescita manifatturiera, secondo Markit, è stata trainata dal forte aumento della produzione dei beni di investimento e intermedi. In controtendenza solo le imprese produttrici di beni di consumo, che hanno notato una leggera contrazione della produzione rispetto a marzo. Aumenta notevolmente anche l’occupazione, al tasso più veloce da febbraio 2011. Per sei mesi consecutivi si è registrato un bilancio netto positivo di assunzione di nuovo personale, la sequenza più lunga dal 2007. Anche il livello degli acquisti è aumentato, per il quinto mese consecutivo, e il tasso di crescita dell’attività di acquisto ha avuto un’accelerata al tasso più rapido in tre anni. L’altra faccia della medaglia è che i dati di aprile mostrano un aumento dei tempi medi di consegna dei fornitori, peggioramento comunque risultato modesto e stato attribuito dalle imprese campione alla carenza di giacenze in magazzino. I prezzi medi di acquisto sono invece diminuiti per il secondo mese consecutivo, e al tasso maggiore da maggio 2013, a causa delle forti diminuzioni di molte materie prime. Anche le tariffe sono risultate in calo e le aziende campione riferiscono di aver trasferito i minori costi ai clienti per far fronte alla forte concorrenza. 

Phil Smith, economista di Markit e autore del report sul manifatturiero in Italia, ha detto che “ad aprile, incoraggiato dall’ennesimo successo delle esportazioni, il settore manifatturiero italiano ha registrato un’ulteriore forte crescita mensile”, “grazie ai tassi di crescita maggiori in tre anni della produzione, dei nuovi ordini e dell’attività di acquisto. Abbiano notato inoltre come l’aumento del carico di lavoro abbia provocato notevoli incrementi occupazionali, dopo cinque mesi di aumenti relativamente moderati, anche se le imprese hanno preferito essere caute per quanto riguarda le giacenze. Allo stesso tempo l’indagine di aprile ha sottolineato una contrazione del carico dei costi, provocata dal minore prezzo di materie prime, che conseguentemente ha consentito di applicare ulteriore sconti dei prezzi all’ingrosso. Per adesso ciò pare stia incentivando le vendite, in particolare quelle estere, ma certamente rimane il rischio che la deflazione diventi radicata e soffochi la domanda”.

Articolo Precedente

Usa, la banca centrale taglia gli aiuti all’economia di altri 10 miliardi al mese

next
Articolo Successivo

Censis, patrimonio dei dieci italiani più ricchi come quello di 500mila famiglie

next