Le banche italiane sono in ritardo rispetto alle rivali europee sulla restituzione del prestito triennale concesso tra il 2011 e il 2012 dalla Banca centrale europea (“Long term refinancing operation”). Il Rapporto sulla stabilità finanziaria della Banca d’Italia indica, infatti, che al 23 aprile gli istituti del nostro paese avevano restituito a Francoforte “79 miliardi, corrispondenti al 31% dell’importo iniziale, contro il 62% degli altri paesi dell’area”. Con poche eccezioni, come quella di Intesa Sanpaolo che ha completato la restituzione in gennaio“La decisione della Bce di estendere almeno fino a luglio del 2015 la procedura di piena aggiudicazione dei fondi consente alle banche di programmare una graduale strategia di rientro”, continua Bankitalia. “Nostre stime indicano che, se si protraessero le recenti favorevoli condizioni dei mercati della provvista e dei titoli di Stato, le banche italiane avrebbero a disposizione scorte di attività liquide sufficienti per riportare l’indebitamento con l’Eurosistema sui livelli precedenti la fase acuta della crisi del debito sovrano”.

Prestiti ancora in calo – Quando, tre anni fa, l’Eurotower di Mario Draghi ha iniettato nelle casse degli istituti europei oltre 500 miliardi di euro, la speranza era che quei soldi si sarebbero tradotti in maggiori prestiti alle famiglie e alle imprese. Ma, come è noto, non è andata proprio così: le banche italiane utilizzato gran parte del “tesoretto” per acquistare titoli di Stato (con un effetto positivo sui tassi di interesse sul debito), mentre l’offerta di credito all’economia non ha accennato a salire. Un’ulteriore conferma arriva dal rapporto di via Nazionale, che sottolinea come “il credito bancario al settore privato non finanziario continua a diminuire”, pur se “a tassi lievemente più contenuti rispetto alla seconda metà dello scorso anno”. Per quanto riguarda i tassi di interesse sui prestiti, questi “sono in lieve diminuzione per le famiglie e stabili per le imprese” ma restano ben più alti della media europea: “in febbraio, rispetto alla media dell’area dell’euro, erano più elevati di 80 punti base per le imprese (al 3,5%) e di 40 per i mutui alle famiglie (al 3,4%)”. Il flusso di nuove sofferenze in rapporto ai prestiti si è invece “stabilizzato su valori prossimi al 3%. Nell’ultimo trimestre del 2013 l’indicatore è sceso dal 4,8 al 4,5% per i prestiti alle imprese ed è rimasto attorno all’1,3% per quelli alle famiglie. Informazioni preliminari indicano che i flussi di nuove sofferenze si sarebbero ridotti nei primi mesi del 2014”. 

Ripresa si estende ma è fragile – In Italia, scrive la Banca d’Italia, la ripresa ciclica si va estendendo ma resta fragile. Nel 2013 le famiglie hanno registrato una flessione del reddito disponibile (quel che resta dopo aver pagato le tasse) inferiore all’anno precedente, ma si è avuto un calo dell’indebitamento e una ripresa degli investimenti in attività finanziarie. Le condizioni finanziarie delle imprese, invece, “benché emergano segnali positivi sono ancora deboli”. Alcune aziende di grande dimensione hanno sostituito con obbligazioni parte dei loro debiti verso le banche, ma per quelle di minore dimensione le difficoltà di accesso al credito, i bassi livelli di liquidità e le incertezze che ancora caratterizzano la ripresa ciclica restano le maggiori fonti di rischio nei prossimi mesi. 

Giudizio positivo sulla copertura dei crediti a rischio – Tornando alle banche, le ingenti rettifiche di valore su prestiti contabilizzate dagli intermediari (da Unicredit a Intesa) nei bilanci 2013 “hanno assorbito interamente la redditività operativa, ma hanno consentito un significativo aumento dei tassi di copertura”. Sviluppi che, dopo essere stati accolti favorevolmente dagli investitori, “possono contribuire a riavviare il mercato dei crediti deteriorati“. Negli ultimi due anni, ricorda la Banca d’Italia, le “prudenti politiche di valutazione degli attivi, incoraggiate dall’autorità di vigilanza, hanno determinato oltre 60 miliardi di rettifiche di valore per perdite su crediti, che hanno assorbito pressoché per intero il risultato di gestione”. Per i primi cinque gruppi bancari il tasso di copertura (accantonamenti in rapporto al totale dei crediti in sofferenza) si colloca al 44,6%, in linea con i valori registrati dalle maggiori banche europee (pari in media al 44,8 per cento lo scorso settembre). Le banche minori registrano invece tassi più bassi della media ma compensano grazie a una maggiore quota di crediti assistiti da garanzie. Allo sviluppo del mercato dei crediti deteriorati – ricorda l’istituto di via Nazionale – potrebbero contribuire anche le modifiche al trattamento fiscale delle rettifiche su crediti in vigore dal 2013, quando sono stati in parte rimossi i disincentivi fiscali alle rettifiche. Le modifiche rendono meno oneroso per le banche adottare politiche di valutazione dei crediti più prudenti.

Articolo Precedente

Inps, l’appalto per l’archivio dell’istituto è un mistero da 75 milioni di euro

next
Articolo Successivo

Dl Irpef, tecnici Senato: “Su aumento aliquote banche dubbi di costituzionalità”

next