Con una lezione di calcio a una squadra senza fiato il Real Madrid si prende la finale di Champions League affondando il Bayern Monaco 4-0. È la vittoria di Carlo Ancelotti che imbriglia anche meglio della gara d’andata il tiqui-taca poco convinto e senza gambe dei giocatori di Pep Guardiola. Il gioco tanto semplice quanto efficace del tecnico emiliano spegne i sogni (ma non la voce, chapeau) dell’Allianz Arena in meno di un tempo. Bum-bum di Sergio Ramos tra il 14’ e il 19’ – sempre di testa e su calcio piazzato – e finale in cassaforte al 34’ con un contropiede micidiale dei quattro tenori dei blancos che è la fotografia delle differenze tra le due squadre. E vale anche il quindicesimo gol di Cristiano Ronaldo in questa edizione di Champions League, record di tutti i tempi, subito ritoccato a quota 16 con un calcio di punizione nel finale. Il Bayern semplicemente non esiste, strangolato dal pressing e dalla compattezza del Real. L’occasione più pericolosa arriva sul 3-0, quando a Madrid stanno già prenotando i voli per Lisbona: tiro di Alaba e deviazione decisiva di Pepe. 

Neanche il peggior nemico di Guardiola avrebbe potuto augurargli una settimana così. L’uomo che ha creato uno dei Barcellona più belli e vincenti della storia fallisce alla sua prima stagione lontano dalla Spagna, con strascichi fuori dal campo. Da un rapporto con alcuni big (Robben in primis) non proprio idilliaco a una piazza che attendeva il replay del 2013 passando per una scricchiolante convivenza con Franz Beckenbauer. Ha accettato la sfida più difficile, Guardiola: condurre il Bayern Monaco verso il bis in Champions, già vinta lo scorso anno con Heynckes in panchina. Non ci è riuscito. Il naufragio in semifinale contro il Real Madrid è anche uno scontro di filosofie. Il campo dice che l’impianto migliore – e più adatto ai suoi interpreti – è quello di Carlo Ancelotti, antica scuola italiana capace di disinnescare l’infinita ragnatela di passaggi tessuta dalla corazzata tedesca: difesa aggressiva e verticalizzazioni, per raggiungere l’unico vero obiettivo. Segnare.

L’allenatore emiliano copre, ostruisce, offusca, aggredisce. Poi punta la porta, come in occasione della terza rete: Di Maria apre, Benzema e Bale bruciano l’erba e Ronaldo sfonda la porta con la sua prepotenza fisica. Guardiola cuce, ricama, aggiunge orli e merletti ma questo Bayern assai spompo e poco presente anche con la testa, complice un campionato vinto fin troppo presto, disfa come una novella Penelope quando deve concludere il fraseggio. Al termine del primo tempo del Bernabeu aveva il 74 per cento di possesso palla e perdeva 1-0; in casa all’intervallo era a quota 63 per cento con un tiro in porta fatto e tre gol subiti.  

Al Real bastano la puntura dell’andata e tre calci piazzati al ritorno, più la ciliegina di Ronaldo, per sognare di mettere in bacheca la decima Champions League. A separare il club spagnolo dallo storico traguardo restano 90 minuti. E un avversario non qualunque. L’altra semifinale dirà se la coppa dalle grandi orecchie sarà un affare cittadino da sbrigare contro l’Atletico o se a recitare il ruolo del guastafeste toccherà al mai amato ex Josè Mourinho, alla caccia della terza Champions con tre squadre diverse che vorrebbe dire gloria in quanto finora a nessun allenatore è riuscito tanto. Comunque vada a Stamford Bridge tra Chelsea e colchoneros, il 24 maggio Lisbona sarà il palcoscenico di una finale destinata a entrare nei libri di storia.

Tabellino:

Bayern Monaco: Neuer, Lahm, Boateng, Dante, Alaba; Robben, Muller (72’ Pizarro), Kroos, Schweinsteiger, Ribery (72’ Gotze); Mandzukic (45’ J. Martinez). Allenatore Guardiola

Real Madrid: Casillas, Carvajal, Pepe, Ramos (75’ Varane), Coentrao; Bale, Di Maria (84’ Casemiro), Modric, Xabi Alonso, Ronaldo; Benzema (80’ Isco). Allenatore Ancelotti

Reti: 16’ e 20’ Ramos (R), 34’ Ronaldo (R)

Ammoniti: 17’ Dante (B), 38’ Xabi Alonso (R, diffidato salterà la finale)

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