Lo scenario peggiore ipotizzato dagli stress test che l’Autorità bancaria europea, l’Eba, si prepara a condurre sulle maggiori banche europee, vede per l’Italia un triennio di prodotto interno lordo ancora in calo. Con una deviazione del 6,1% rispetto allo scenario di base. I criteri e la metodologia della verifica, diffusi martedì dalla European Banking Authority, prevedono in particolare per la Penisola un pil in calo dello 0,9% quest’anno, dell’1,6% il prossimo e dello 0,7% nel 2016, anziché una crescita stimata rispettivamente dello 0,6%, dell’1,2% e dell’1,3 per cento. Si tratta, appunto, di ipotesi pessimistiche, compilate tenendo conto dei rischi più suscettibili di minacciare la stabilità del settore bancario europeo. Che l’autorità londinese si appresta a sottoporre a una specie di “prova di resistenza”: in pratica i tecnici dell’Eba, in collaborazione con quelli della Bce e delle banche centrali nazionali, andranno a studiare quale sarebbe la reazione di 124 istituti (almeno il 50% di quelli operanti in ogni Paese Ue) in caso di “choc” economici rilevanti. In modo che ognuno si prepari al meglio e sia in grado di fronteggiare eventuali futuri choc reali. I test – spiega in una nota Andrea Enria, l’italiano che presiede l’Eba – permetteranno “alla sorveglianza di affrontare le vulnerabilità residue nel settore bancario”.

I test partiranno a maggio e i risultati saranno diffusi a ottobre, prima che la Bce assuma ufficialmente il ruolo di responsabile della sorveglianza bancaria. Le eventuali carenze di capitale andranno poi colmate in un arco di tempo compreso tra 6 e nove mesi. In attesa del via, l’Eba ha preparato e messo nero su bianco le diverse “scenografie” sulle quali si svolgerà la simulazione. Si inserisce in questa quadro la pubblicazione del cosiddetto “scenario avverso”. Scenario che riflette i rischi sistemici che, secondo l’Eba, rappresentano la minaccia “più pertinente” alla stabilità del settore bancario europeo: un aumento dei rendimenti globali amplificato da un brutale peggioramento della valutazione dei rischi specialmente verso le economie emergenti, un ulteriore deterioramento della qualità del credito nei Paesi a domanda debole, una fase di stallo nelle riforme economiche che mettono in discussione la fiducia nella sostenibilità delle finanze pubbliche, l’assenza della necessaria riparazione dei bilanci delle banche per poter trovare finanziamenti sul mercato.

L’impatto negativo degli choc, che includono anche una situazione di stress nel settore immobiliare commerciale, forti svalutazioni dei cambi di alcuni Paesi dell’Europa centrale e dell’Est (come Polonia e Ungheria) e un crollo della crescita nei principali partner commerciali dell’Ue (UsaCina e Russia), è sostanzialmente globale. Tradotto: il Pil, quello scenario, cadrebbe non per la sola Italia ma per tutta Europa. In termini di Pil reale, per l’Unione Europea lo scostamento triennale dallo scenario di base si tradurrebbe in un andamento negativo del prodotto dello 0,7% quest’anno e dell’1,5% nel 2015, seguito da una modesta crescita pari a +0,1% nel 2016 (-2,2% nel 2014, di -5,6% nel 2015 e di -7% nel 2016 la deviazione cumulata del pil Ue dal livello di base). Quanto all’inflazione annuale il tasso stimato sarebbe rispettivamente dell’1,1%, dello 0,6% e dello 0%. Anche il tasso di disoccupazione sarebbe più elevato: 11,3% nel 2014, 12,3% nel 2015 e 13% nel 2016, pari a una deviazione rispetto allo scenario di base rispettivamente dello 0,6%, dell’1,9% e del 2,9 per cento.

Per l’Italia il peggiore dei casi prevede anche un rimbalzo dei rendimenti dei Btp maggiore di quello dei titoli di Stato della zona euro, un calo dei prezzi di Piazza Affari di poco superiore a quello delle altre Borse dell’area dell’euro e una discesa dei prezzi delle case italiane contenuta. In particolare, con la risalita dei tassi pagati dai buoni del tesoro Usa il rendimento dei Btp salirebbe quest’anno al 5,9% (contro il 3,9% dello scenario base), al 5,6% nel 2015 (da 4,1%) e al 5,8% nel 2016 (da 4,3). Un andamento disastroso per le casse dello Stato, tanto più se si pensa che per la media dei titoli  pubblici della zona euro sono attesi tassi  al 4,2-4,3% nell’intero triennio con un rialzo di circa 150 punti percentuali nel 2014 e di 110 nei due successivi. In linea generale il riprezzamento globale dei prezzi degli asset avrà effetti oltre i mercati del debito sovrano. Ne sarebbero coinvolti anche i prezzi delle azioni. Per la Borsa di Milano è in particolare atteso un impatto negativo in un peggioramento dei corsi azionari del 20,3% nel 2014, del 17,7% nel 2015 e del 20,4% nel 2016, non lontano dai cali medi nell’intera zona euro (-18,3%, -15,9% e -18,1% rispettivamente). L’Italia registrerebbe invece una maggiore tenuta, di fronte allo scenario avverso, in tema di prezzi degli immobili residenziali. Il calo sarebbe del 3,3% nel 2014 e del 5,2% nel biennio successivo contro una discesa nella zona euro del 6,9% nel 2014 e dell’11% in entrambi gli anni successivi. L’aumento dei tassi di interesse di lungo termine e il conseguente momento di tensione dei mercati finanziari creerebbe problemi anche sul mercato monetario, comportando maggiori costi per il finanziamento bancario e contribuendo a un aumento permanente di 80 punti base dei tassi interbancari di breve termine. I costi di finanziamento a lungo termine delle banche seguirebbero invece più da vicino i rendimenti dei bond sovrani. 

La metodologia comune e le assunzioni macro-economiche sottostanti agli stress test, fa sapere l’Eba, coprono un ampio ventaglio di rischi: di credito e di mercato, esposizioni verso cartolarizzazioni, rischi sovrani e di finanziamento. Per assicurare la coerenza dell’esercizio di stress test, la metodologia, precisa l’Autorità, “è restrittiva”. Si basa, cioè, sull’ipotesi che il bilancio degli istituti sia statico, con attività costanti e nessuno sviluppo del business nei prossimi tre anni, che le banche non mettano in campo “azioni difensive”, che gli approcci al rischio di mercato e alle cartolarizzazioni siano quelli prescritti e che vengano rispettati una serie di tetti e ‘pavimenti’ per redditi netti da interessi, asset ponderati per il rischio e redditi netti da trading. Altre componenti chiave della metodologia sono uno choc sovrano che impatta sul bilancio delle banche (inclusi i crediti detenuti in portafoglio per la vendita) e uno choc dei costi di finanziamento delle banche che si trasferisce sugli attivi e i passivi in modo asimmetrico.

In risposta ad alcune critiche ricevute negli stress test precedenti, l’Eba prevede che le banche debbano prevedere perdite sui titoli di Stato che tengono nel portafoglio di negoziazione (trading book): i titoli registrati come disponibili per la vendita dovranno conteggiare perdite a partire dal 20% delle perdite potenziali quest’anno fino al 60% nel 2016. I 124 istituti di credito europei che saranno sottoposti ai test dovranno, per essere promossi, uscirne con un coefficiente patrimoniale common equity Tier 1 di almeno il 5,5%, vale a dire che un equivalente del capitale azionario dovrà essere pari almeno al 5,5% degli asset soppesati per i rischi. 

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