Cedere la propria casa terremotata invece di ricostruirla, e utilizzare i rimborsi stanziati dallo Stato per acquistarne una nuova. E’ il cuore delle ordinanze varate dal commissario alla ricostruzione, il presidente della Regione Emilia Romagna Vasco Errani, che aprono ai privati la possibilità di rinunciare alle proprie abitazioni gravemente danneggiate dai fenomeni sismici del maggio 2012, in favore di residenze “chiavi in mano”. Se la ricostruzione, infatti, procede ancora al rallentatore – sono 1.500 gli edifici abitativi ricostruiti a due anni dal terremoto e appena 163 le imprese che hanno potuto riaprire i propri capannoni grazie ai fondi stanziati dallo Stato -, la Regione, per “rivitalizzare i centri storici” che il terremoto ha desertificato, ha stabilito che i proprietari di immobili residenziali potranno cedere gratuitamente la proprie case lesionate o demolite ai Comuni di residenza. “Ricevendo in cambio – spiega l’assessore regionale ai Trasporti Alfredo Peri – la stessa somma a cui avrebbero avuto diritto con gli incentivi pubblici riconosciuti alle popolazioni terremotate, con cui potranno acquistare una nuova abitazione in aree definite dai piani comunali”. I Comuni che riceveranno gli immobili lesionati, poi, li ripristineranno con fondi appositi stanziati dalla Regione, 11 milioni dei quali già disponibili, e li convertiranno in abitazioni a canone concordato per favorire la rinascita e il ripopolamento dei centri urbani.

La seconda ordinanza, poi, regolamenta l’acquisto da parte di imprese o cooperative di immobili danneggiati: il provvedimento, infatti, prevede per i privati la possibilità di vendere le proprie abitazioni gravemente lesionate a soggetti terzi, che saranno vincolati, per usufruire dei contributi per la ricostruzione, all’obbligo di affittare le case acquistate con contratti a canone concordato con i Comuni. In questo caso il cittadino che vende utilizzerà il ricavato della vendita per un nuovo acquisto, “mentre l’azienda edilizia riceverà i contributi dal 75% al 100%, a seconda della durata della locazione, e dopo il periodo stabilito potrà passare alla fase di vendita”. “Le due ordinanze – spiega Peri – consentiranno di rendere flessibili le misure necessarie alla rinascita dei centri storici urbani, sostenendo interventi di riqualificazione e delocalizzazione che rispondano ai piani organici per il centro storico che ogni Comune dovrà varare. Le misure, inoltre, offriranno la possibilità alle amministrazioni di ripensare ai piani urbanistici, modificando o migliorando la vivibilità delle città attraverso progetti locali, così che esigenze diverse abbiano risposte diversificate ed efficienti”.

L’ordinanza era molto attesa. Perché tra pratiche, documenti e burocrazia, l’iter per ricostruire ciò che il terremoto ha distrutto è tortuoso. Secondo i dati della Regione, a due anni dal terremoto sono 12.300 le richieste di rimborso presentate dai privati per accedere ai fondi stanziati per la ricostruzione, su 14mila immobili abitativi danneggiati e registrati attraverso le schede Aedes. Ma solo 1.500 di quei cantieri sono stati ultimati, per un totale di circa 3mila abitazioni. In Emilia Romagna, poi, sono ancora 5.900 le famiglie sfollate, rimaste senza casa e quindi soggette all’assistenza degli enti pubblici, tra chi riceve il contributo di autonoma sistemazione e chi vive nei container, i moduli abitativi provvisori. E tuttavia, potrà usufruire dell’ordinanza numero uno solo chi non ha ancora ricevuto i contributi: “Per quei casi il percorso è già avviato e proseguirà”. Iniziati i lavori, quindi, non si potrà più cedere la proprietà al Comune e passare a una casa nuova.

Per le aziende, poi, la situazione è ancora più critica. Le domande di rimborso presentate da quelle realtà imprenditoriali che un tempo contribuivano a produrre il 2% del Pil nazionale sono, secondo gli ultimi dati della Regione, 5mila: mille richieste già presentate e 4mila prenotazioni. Ma gli interventi completati sono solo 163, 220 quelli con uno stato di avanzamento lavori che supera il 50% e 462 le pratiche istruite con decreto di concessione dei contributi. La situazione migliora solo per le piccole realtà commerciali, le cui sedi erano in edifici a uso privato: in quel caso le domande sono 2.800, tutte in fase di approvazione o in finanziamento. “I numeri la dicono lunga: 1500 abitazioni e 163 aziende a me sembra molto poco – spiega Massimo Nicoletti di Finale Emilia Terremotata Protesta – Certo, qualcosa è stato fatto, ma rispetto alla situazione del territorio non basta, non siamo neanche a metà. Se censissimo le aziende che per colpa di questi ritardi hanno chiuso il bilancio è ancor più negativo. I tempi per accedere ai rimborsi sono e rimangono biblici, e se non si interviene per velocizzare la burocrazia chi aveva la copertura assicurativa andrà avanti, gli altri, spesso piccole e medie realtà, chiuderanno i battenti”.

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