Dagli atti del processo sulle escort portate da Gianpaolo Tarantini nelle case di Silvio Berlusconi emerge “uno sconcertante quadro della vita privata di vari soggetti coinvolti nella vicenda, dalle ragazze sino all’allora presidente del Consiglio”, Silvio Berlusconi. Lo scrive il gup del tribunale di Bari, Ambrogio Marrone, nelle motivazioni della sentenza a carico dell’avvocato fasanese Salvatore Castellaneta emessa il 10 dicembre 2013 al termine di un processo con rito abbreviato che costituisce uno stralcio del processo Escort, a carico di altre sette persone, in corso con rito ordinario davanti al tribunale di Bari. Castellaneta è stato condannato a un anno di reclusione (pena sospesa) per il reato di sfruttamento della prostituzione e assolto dal reato di associazione per delinquere. Nelle 187 pagine delle motivazioni, il giudice ricostruisce i 21 episodi contestati dal settembre 2008 al maggio 2009, in cui vengono citate le 26 ragazze “reclutate” per gli incontri con Berlusconi, tra cui Manuela Arcuri e Sara TommasiSono riportati stralci di intercettazioni, verbali di interrogatorio e dettagli delle spese sostenute da Tarantini per ricostruire quelle che lui stesso definisce le “boccaccesche nottate” trascorse dall’ex Cavaliere con le ragazze della scuderia Tarantini. Da qui la considerazione sullo “sconcertante quadro della vita privata di vari soggetti coinvolti nella vicenda, dalle ragazze sino all’allora presidente del Consiglio che, al di là di una formale apparenza di cene eleganti, dissimulava una fiorente attività di esercizio della prostituzione” “Il materiale probatorio, nel suo contenuto di oscenità e bassezza – scrive il gup – evidenzia la situazione di mercimonio del corpo femminile e la considerazione delle donne come semplici oggetti suscettibili di commercio a scopo sessuale”.

Gianpaolo Tarantini aveva costituito una vera e propria “agenzia di reclutamento” in cui “le prestatrici d’opera, dietro pagamento di un corrispettivo in denaro, denominato variamente come busta, regalo, cachet o gettone” fornivano “servizi consistenti in prestazioni sessuali”. Utilità “elargite di solito dallo stesso Berlusconi, quasi sempre poco prima che queste (le ragazze, ndr) andassero via dalle sue dimore, il giorno dopo l’incontro ravvicinato a scopo sessuale, avvenuto di notte con le ragazze di turno”. Sabina Beganovic (in arte Began), la cosiddetta ape regina delle feste organizzate dall’ex premier, viene definita, nella requisitoria della pubblica accusa, “Tarantini in gonnella” e “maestra di Tarantini”. Gli appellativi sono annotati nelle motivazioni della sentenza. Sul coinvolgimento delle ragazze da far prostituire con il Cav, il giudice rileva che “non si trattava di reclutare semplici prostitute, sia pure di alto bordo, ma anche persone che sapessero mantenere la adeguata riservatezza sulle scabrose situazioni cui erano chiamate a partecipare”. Il gup descrive anche l’episodio del 5 settembre 2008, che a suo giudizio costituisce “l’esordio di Tarantini come organizzatore insieme alla Began” del giro di prostituzione. Sarebbe quella, infatti, “la prima occasione in cui Gianpi Tarantini, su richiesta di Sabina Beganovic, ha reclutato ragazze (sessualmente disponibili) da portare presso la residenza romana (Palazzo Grazioli) del presidente Berlusconi”. “L’ambiente nel quale si svolge la vicenda – scrive il gup – non è certo quello delle case chiuse. I fatti si svolgono in ambienti lussuosi, senza alcuna costrizione per le ragazze, le quali scelgono liberamente di partecipare al fine di ottenere utilità di vario genere”. Il giudice però individua “due categorie ben distinte” di ragazze reclutate e portate alle feste dell’ex premier: “Quelle cosiddette facili, cioè disponibili a concedere prestazioni sessuali, e quelle che facevano da cornice all’evento, considerate ragazze immagine”. Nella “effervescente agenzia di servizi organizzata da Tarantini e dai suoi sodali” vi era una “concezione delle donne come oggetti di piacere – conclude Marrone – da portare e, all’occorrenza, da prestarsi a vicenda”.

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