Ieri pomeriggio in auto, sintonizzati su Rai 3, ascoltavamo Mario Fortunato il quale, presentando il suo libro Le Voci di Berlino, ha avuto modo di de/finire il fascismo e il comunismo come “le due macchine ideologiche del ‘900”.

Macchine stritolanti che, nonostante il bene augurante pronostico di Daniel Bell su La fine dell’ideologie (1960), continuano a imperversare a torto e a/traverso anche in questo inizio di secolo, seguitando indefesse a sprofondarci nelle loro tetre e noiose congetture dejà vue.

Sempre su Rai 3, in un’intervista a uno scrittore conterraneo di Màrquez, del quale non ricordiamo il nome ma tanté, l’intervistatore gli domandava se Gabo, a parte la sua nota amicizia con Fidel, fosse anche comunista e l’intervistato, invece che rispondere con un semplice sì o un no, si dilungava nella classica risposta dialettica in base alla quale, considerando il contesto di sinistra della contestazione di quegli anni, anche Màrquez, come Sartre e tutta la sarabanda di santoni marxisti e/o leninisti d’epoca, non poteva non essere comunista.

Scusandoci per non aver potuto registrare l’intervento di quest’ennesimo engagé, trovandoci al volante non potevamo fare altrimenti, ci limitiamo a sottolineare la non più sopportabile, manichea, dicotomica ed eterna identificazione tra l’essere di sinistra e ordunque marxisti e quindi comunisti tout court.

Cercando di contrastare questa reiterata e pervadente insistenza abbiamo consumato la vita, spendendone una parte rilevante nella nostra difesa di intellettuali non di destra, ma non per questo sempre e comunque di sinistra, con preciso ri/ferimento a quel sinistrismo codino di matrice marxista, ma non soltanto, che ha preteso e continua surrettiziamente a considerare non di sinistra e ordunque di destra, tutti coloro i quali, nonostante i molti e talvolta eccessivi conti pagati sull’ altare di un concreto impegno sociale e nonostante esso, si son pervicacemente rifiutati di abbracciare la gloria, e relativi emonumenti, riservati soprattutto in Italy, agli adepti di un riconosciuto e ben retribuito approccio marxista.

Nel pezzo titolato Gabriel Garcia Màrquez morto, l’amicizia con Fidel Castro e quel pugno di Llosa, il sottotitolo del Fatto on line verga: “Impossibile essere un grande scrittore, un opinion leader, quasi un guru in America Latina, senza impregnarsi di politica e ideologia. E lo scrittore colombiano non faceva certo eccezione. Un amico di Cuba sincero e critico, dunque, ma non per questo esente da critiche da parte dell’establishment culturale e politico occidentale“.

Mentre Aikon, un lettore del Fatto celato dietro a un nick, a proposito di Màrquez e Llosa, lucidamente commenta: “Sono stati entrambi due grandi scrittori e grandi uomini di cultura. Ma sulla questione ideologica aveva ragione Vargas Llosa. Lo dico con grande rammarico perché sono tutt’altro che neoliberista, rivendico orgogliosamente di essere non solo di sinistra, ma socialista, e tuttavia di fronte a questioni come la democrazia e la dittatura non faccio sconti nè differenze: o si è per l’una o si è per l’altra, non si può essere contro Pinochet e nello stesso tempo a favore di Castro. Come diceva Sandro Pertini: ‘ Per me non c’è vera libertà se non c’è giustizia sociale, ma non posso accettare la giustizia sociale senza libertà. Dico di più, se mi offrissero di vivere in un sistema dove è garantito il massimo di giustizia sociale ma a scapito della libertà, io lo rifiuterei’. Pertini non era un intellettuale, come noto, era un uomo semplice, anche troppo, ma aveva capito quello che tanti intellettuali di sinistra purtroppo non avevano capito e che continuano a non capire”.

E noi che non siamo mai stati nemmeno socialisti ma che, se tornassimo a vivere in Usa o in Brasile, i due paesi in cui a lungo abbiamo soggiornato, magari non saremmo liberisti, ma in questo ex bel paesino, dove siamo obtorti colli costretti, non ci vergogniamo di nutrire sentimenti addirittura ultra liberisti tout court. 

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