Il processo sulla trattativa Stato-mafia resta a Palermo. La decisione è stata presa dalla Sesta Sezione Penale della Cassazione, presieduta da Stefano Agrò, che ha rigettato la richiesta di trasferire il procedimento a Caltanissetta dei legali degli ex ufficiali dell’Arma, Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno. Gli imputati che hanno presentato la richiesta sono stati anche condannati al pagamenti delle spese processuali. 

Il processo sulla trattativa Stato-mafia è in corso davanti alla corte d’Assise di Palermo. Gli imputati, nel ricorso in Cassazione, hanno evidenziato tutta una serie di elementi per dimostrare che lo svolgimento del dibattimento nel capoluogo siciliano metterebbe a rischio l’incolumità pubblica: dalle minacce di Totò Riina, agli anonimi giunti alle Procure di Palermo e Caltanissetta, a strane circostanze come l’incursione in casa del pm Roberto Tartaglia, uno dei magistrati che indagano sulla trattativa. 

“La richiesta di trasferire il processo da Palermo a Caltanissetta ha avuto l’esito che già dall’inizio era scontato perché mancavano i presupposti per togliere il processo al suo giudice naturale”, ha spiegato l’avvocato Airò Farulla, dopo aver appreso la decisione della Suprema Corte. Il legale ha sottolineato anche che “la città di Palermo per questo genere di processi è la città più sicura e meglio attrezzata d’Italia, dato la lunga esperienza che purtroppo ha maturato nel corso degli anni”. Tutte le parti civile si sono opposte al trasferimento del processo, così come il rappresentante della procura della Suprema Corte, Edoardo Scardaccione.

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