La goccia che ha fatto traboccare il vaso è il sondaggio di fine marzo che dava il partito laburista britannico al 33%, dieci punti percentuali in meno rispetto a un anno fa, e in pochissimo vantaggio rispetto al partito conservatore, fermo al 32%. Per questo in molti ora vedono l’ingaggio di David Axelrod, mago della comunicazione e delle relazioni pubbliche dietro ai due successi elettorali di Barack Obama, come un disperato tentativo per risollevare l’immagine di Ed Miliband, leader di quel Labour del Regno Unito sempre più in affanno e sempre meno incisivo. Un ingaggio a sei cifre (solo questo è trapelato), un investimento per Miliband, visto che le elezioni politiche del 2015 sono troppo importanti per un partito che, visto il crollo dei consensi, rischia sempre di più.

Ora ci sono le europee, è vero, ma nella mente di Miliband c’è soprattutto il rinnovo del parlamento di Westminster l’anno prossimo. E c’è quel partito, l’Ukip, guidato da Nigel Farage e fortemente antieuropeista, anticasta e contrario ai privilegi, che all’ultimo grande sondaggio di fine marzo veniva dato al 15%. Il 32% dei conservatori non spaventa più di tanto il partito laburista, la coabitazione con il partito dei Tory è ormai di lunga durata e sempre più vicine sono le politiche di fondo. Ma è l’Ukip, appunto, con tutto il richiamo all’antipolitica, che spaventa.

Poco importa che anche lo stesso Farage nei giorni scorsi sia finito al centro delle polemiche per l’ammontare dei rimborsi spesa per le sue missioni a Bruxelles. Il partito è in grado di attrarre conservatori delusi – come per il matrimonio gay o per alcune leggi, le poche, di stampo europeista – e soprattutto di far spostare il premier David Cameron, Tory nel cuore, sempre più a destra. Ora, appunto, il Labour ci riprova con Axelrod, portato nella formazione soprattutto grazie al lavoro assiduo di Douglas Alexandre, il coordinatore elettorale del partito. Axelrod, con il suo discorso inaugurale, ha detto: “Serve prosperità, ma non prosperità di pochi sempre più ricchi, mentre la gente nel mezzo è sempre più spremuta. Questo è un problema non solo per il Regno Unito ma per tutte le economie avanzate, inclusi gli Stati Uniti. Ed è per questo che abbiamo vinto in Usa, grazie a una visione articolata, quella di Barack Obama, con al centro l’esperienza della gente di ogni giorno”. 

Del resto, lo stratega vede anche altre similitudini con lo scenario politico americano, l’Ukip è spesso paragonato ai Tea Party, in grado di spostare l’agone della politica sempre più a destra. I temi da qui alle elezioni del 2015, in effetti, sono scottanti. Si va dalla possibile indipendenza della Scozia, con il referendum nel settembre di quest’anno, ai grandi investimenti nei trasporti e nell’energia. Ancora, dall’antieuropeismo di fondo di quasi tutto lo spettro politico britannico – Cameron ha promesso un referendum sull’adesione, per poi rimangiarsi periodicamente la parola e per poi rilanciare di nuova la consultazione – fino ai problemi sociali, con prezzi delle case sempre più alti e in crescita a Londra del 13% all’anno, con il taglio al welfare che lascia sempre più persone messe da parte e con quelle leggi europee – dalle più banali alle più incisive – sempre più spesso considerate come lacciuoli di cui liberarsi. Axelrod avrà molto da fare. E, dicono gli analisti nelle ultime ore, non è detto che con tutti questi temi in ballo il successo sia scontato come in America. 

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