È vero, confesso, come diceva un celebre film di Hitchcock: sono un autore. Come aggravante sono associato alla Siae da oltre quaranta anni e da sempre vivo del mio lavoro: questo significa che i diritti di autore sono il mio compenso.

In questo momento sono stanco e infuriato, perché stanno continuando senza sosta le manovre di disinformazione, finalizzate a ritardare sine die l’adozione di un decreto previsto da una legge dello Stato, decreto che doveva essere adottato a gennaio del 2013. La potentissima lobby dei produttori di device, con i loro avvocati e le associazioni che a loro fanno riferimento, era già riuscite a convincere il ministro Bray a “buttare la palla in tribuna”. Ora ci riprovano con il ministro Franceschini.

Perché sono stanco? Da cittadino mi aspetto che lo Stato faccia rispettare le leggi e trovo scandaloso che non lo faccia: un ritardo così lungo è un danno grave per me e per i miei colleghi di qualunque settore dello spettacolo. In questo periodo di vuoto legislativo si continuano a massacrare le nostre legittime aspettative di vedere riconosciuti i nostri sacrosanti diritti.

Perché sono infuriato? Perché si continua a mentire, sapendo di mentire, si continua scandalosamente a definire il compenso per copia privata un balzello, una tassa, nonostante che la recente risoluzione del Parlamento europeo ne abbia confermata la validità. Il ministro Franceschini ha potuto costatare, nell’incontro di Parigi con venti ministri europei della Cultura, che è in cima alla loro agenda. Tutto questo è quindi veramente sconcertante, perché si tratta di una campagna finalizzata ad aggredire i diritti di chi crea e, di fatto, ad aggredire il diritto del lavoratore/autore a ricevere un compenso per la sua opera.

Sono stanco di essere indicato come un Erode che vuole uccidere i diritti dei giovani consumatori, mentre gli altri sono benefattori senza colpe. Non capisco perché si sia sentita l’esigenza di un altro sondaggio commissionato dal ministro Bray, quando esiste già un sondaggio svolto con metodo scientifico dalla società Gpf (Istituto di rilievo internazionale riconosciuto per la sua competenza e terzietà). Mi auguro che eventuali altri sondaggi, allo stato non noti – perché lo stesso Bray non lo ha diffuso? Chi lo ha svolto? Con quale metodologia? – siano stati realizzati da società di pari livello, utilizzando analogo rigoroso metodo scientifico e soprattutto non siano usati per perdere/prendere ulteriore tempo.  

E sono anche curioso: quali sono gli interessi di alcuni media ad appoggiare queste scandalose posizioni? Non posso darmi la risposta da solo, aspetto che qualcuno lo faccia.  Il vero scandalo si consuma ormai da sedici mesi contro i diritti dei lavoratori/autori da parte di chi ha interessi diversi, diversi anche da quelli dei consumatori, perché è documentato che il diritto di copia privata non incide sul costo dei device. Nessuno dei soloni contrari sa (o non vuole) rispondermi quando da ingenuo chiedo perché in Germania e in Francia, dove la copia privata ha una consistenza economica più pesante, i prezzi dei device sono siù bassi di quelli venduti in Italia?

Noi autori, le nostre associazioni e la Siae, che ci rappresenta, non siamo disponibili a confrontarsi sul terreno del populismo, della demagogia e della menzogna, che sembrano essere le uniche armi, purtroppo potenti, in mano ai nemici del diritto d’autore per contrastare l’applicazione di una legge dello Stato.

Dopo la confessione, aspetto la sentenza. Con fiducia.  

di Biagio Proietti, consigliere della Siae

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